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SE NON DIVENTERETE COME I BAMBINI (presenti nel presente, qui ed ora), NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI (la consapevolezza) - Gesù di Nazareth -

ARCHETIPI


ARCHETIPI INFINITI?
La parola archetipo deriva dal greco antico ὰρχέτυπος col significato di immagine: arché ("originale"), típos ("modello", "marchio", "esemplare"). È anche plausibile che derivi da άρχή ("arché"), col significato di "principio", "inizio". Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero (ad esempio l'idea platonica); in psicologia analitica da Jung ed altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell'inconscio umano. Ma resta difficile definire gli archetipi in maniera generica, basta pensare che la nostra cultura esprime modalità prettamente maschili , con interpretazioni maschili, per esempio la Luna è femminile ma in polacco è maschile, qui alcuni sensazioni contrastato per forza. Una delle definizioni che ritengo siano maggiormente simboliche attribuite a DIO e' L'AMORE,  la LUCE, il CALORE. Non trovate che sia bizzarro , nell'immaginario collettivo , attribuire queste caratteristiche al DIO cielo maschile? Trovo siano più amorevoli le cure di una madre e il calore del grembo materno, senza contare che, letteralmente è la madre a donarci e darci alla luce . Se le stesse analisi , le stesse religioni, le stesse fiabe, fossero state scritte, in modo complementare, da società matriarcali di perduta memoria , che analisi saremmo portati a compiere oggi ? Nel nostro inconscio più profondo è scritto un codice ove l'alto è in basso, il dentro è fuori ecc. In alcune mentalità antiche attribuivano al sole qualità femminili e alla tempesta qualità maschili. Il sacro non ha confini ne distinzioni, non ha identità sessuale, come l'anima, la nostra mentalità occidentale fatica a comprenderlo, mentre la filosofia del Yin-Yang no, è perfetta armonia degli opposti, Cielo e terra hanno la stessa valenza , e aggiungerei lo stesso potere di interscambiabilità . Tenere una mente elastica e pronta al cambiamento e' molto difficile ci si lascia facilmente trasportare dagli stereotipi e dalle interpretazioni di convenienza. Per questo resta assai difficile fare un numero preciso di Archetipi, Jung ne trova un certo numero, come per le virtù i filosofi ne trovano diverse oppure per i sensi interni i psicologi ne enumerano chi 4 chi 5 e chi 6. Io penso che sia come per i sacramenti, la chiesa ne crea 7, ma in realtà sono infiniti perchè se sacramentum è quella realtà attraverso la quale io trovo il sacro lo possono trovare ovunque e attraverso tutto. Dunque per me non c'è un numero definito ma esistono tanti quanti la nostra capacità di scoprirli.



GLI ARCHETIPI
Simboli archetipi codici sono sempre stati celati non solo nella scrittura, ma in qualsiasi tipo di arte, dalla musica alla scultura, dal teatro alla pittura... Michelangelo per esempio nascondeva dietro immagini dei profondi significati, la cappella sistina andrebbe vista con diverse chiavi di lettura. Leonardo, Caravaggio e tutti i grandi geni ci hanno detto più di quello che nell'apparenza si vede, perchè loro comunicavano come lo fa la natura e la realtà che ci circonda: sotto il velo del divino. I testi sacri e le fiabe pure, sono fontane di archetipi dove giacciono profondi misteri.



DIO, L’ABISSO E IL NULLA
La prima cosa che l’essere umano scorge dentro di sé è l’ombra … cos’è la vita? da dove vengo? dove vado? perché il dolore? cos’è la morte? perché mi comporto in una determinata maniera? chi sono Io e chi sono gli altri? perché sono preda dei miei desideri? esiste davvero Dio la felicità o la libertà? ecc … tutto questo sciame di interrogativi che ci si presenta come infinito è l’abisso del nostro inconscio. L’enigma è l’irruzione del divino dentro il mondo umano. La parola enigma significa “favola o fiaba” ed ecco il perché attraverso la mitologia e le fiabe cercheremo di snodare questo groviglio di domande, cercheremo di immettere luce in questi abissi. Non è la parola, il LOGOS (la ragione), la prima manifestazione di Dio all'uomo, ma è il CAOS, l’ombra (il sentire); il Logos (cioè la parola) è il risultato della comprensione umana sull'enigma (cioè sul pensiero), perché la parola esprime un pensiero antecedente, ma alla fine ciò che conta è l'esperienza, il SENTIRE.



SE DIO NON CI FOSSE BISOGNEREBBE INVENTARLO
Dio inteso come ragione di esistenza, perchè la natura non crea l'assurdo. Quando l’Essere umano non conosce il suo inconscio, gli dei non sono più coscienti, si esteriorizzano, escono dalla forza e dal controllo umano, ci sentiamo in preda all'assurdo, la ragione non ha alcun dominio e la nostra vita va alla deriva delle passioni che attingono prettamente all'istinto animale. Se rimaniamo in questo buio saremo vittime del male, quello che gli antichi chiamavano demoni, mentre oggi le chiamiamo nevrosi le quali si alimentano in noi con ciò che chiamiamo vizi (alcool, droga, violenza, manie e fobie. . . ecc), se invece diamo una ragione alle cose, da quel caos emerge la luce (il Cristo) e siamo redenti, cioè viviamo tranquilli e in pace con noi stessi. In quella Luce scopriamo che il Dio in noi è la forza creatrice che ci rende co-creatori e divini, ma se sconosciuta è una forza distruttiva che ci rende demoni e folli.

VOI SIETE DEI (disse Gesù)
Rimane comunque il dilemma: siamo stati noi creati ad immagine e somiglianza di Dio o siamo noi a creare gli dei ad immagine e somiglianza nostra? Se restasse pur vero che siamo noi l’immagine di Dio, è quindi vero che è naturale la tendenza umana a crearsi degli dei in cui rivedersi, in cui voler incarnarsi imitandole, d'altronde fu Dio chi per primo facendo l’uomo si rivede nella sua creatura, quindi noi creiamo degli dei perché cerchiamo di imitare Dio, agiamo come lui essendo stati fatti a sua somiglianza, per cui ciò che noi chiamiamo umano in realtà è divino, perché l‘uomo non tende a crearsi umani bensì dei. Dio in noi è quest’ombra, l’inconscio, l’ambiguità tra le forze divine manifestate in maniera umana, la parte della nostra personalità rimasta inespressa, con tutte le potenzialità da scoprire. Tanto l’olimpo quanto l’Eden si trovano nel cuore degli esseri umani, sono simboli e figure dell’interiorità.

BUIO LUMINOSO
L’enigma quindi è smodatezza, intrigo, buio, caos, emancipazione, potere, è la norma degli dei, mentre la norma umana è la legge che la coscienza impone all’uomo, è il Logos che suggerisce moderazione, luce, ordine. Per questa ragione, quando l’uomo si sente tentato di seguire o imitare gli dei, si ritrova espatriato, ha paura di emanciparsi, di inoltrarsi nel buio, d’infrangere la legge, perché gli dei, come l‘inconscio, non conoscono la legge. Invece è necessario come lo dimostra il racconto della genesi, che l‘uomo infranga la legge senza distruggerla però: quando l’uomo peccò, Dio disse a se stesso “l’uomo è diventato come uno di noi”, vale a dire che è attraverso il peccato che l’uomo raggiunge l’essenza divina, ma non il peccato morale, che sarebbe il male, ma l’accettazione della sua ombra, della sua umanità ferita, del suo inconscio, perché gli dei non sono altro che le passioni, l’enigma della psiche, l’archetipo umano nel piano divino. La vera religione quindi è quella che sa condurre l’uomo fuori la legge per liberarlo dalle illusioni, come disse Gesù “sono venuto a distruggere la legge”, però senza farti sentire con sensi di colpa, invece quando colpevolizza attraverso le leggi la religione diventa una malattia, perché allora non c‘è liberta e senza la libertà non può nascere l‘amore né la ragionevolezza.

UNA FIABA SI VIVE SEMPRE IN PRIMA PERSONA
Il processo di individuazione non tollera imitazioni pappagallesche. A più riprese, ed in diversi paesi, gli uomini hanno cercato di copiare e riflettere, in atteggiamenti 'esteriori' o ritualistici, l'originale esperienza religiosa dei loro grandi maestri (Cristo, Buddha o altri) e si sono pertanto pietrificati.
Seguire le orme di un grande maestro spirituale, non significa che si debba copiare o ricalcare lo schema del processo di individuazione attuatosi nella sua vita. Significa solo che si deve, con sincerità e devozione pari alla sua, vivere la nostra vita. Se tu segui perfettamente un altro non sei perfettamente te stesso.

IL MITO, UNA VERITÀ NARRATA CON SIMBOLI
Le antiche leggende o miti erano considerati la maniera più adatta per trasmettere una VERITÀ, soprattutto sacra. Infatti, la parola mito viene dal greco “mytheomai” che significa discorrere qualche realtà sul sacro. Gli antichi non avevano un ragionamento discorsivo e concettuale come il nostro, loro raccontavano la realtà attraverso la stessa realtà e quindi con le immagini, con i racconti fiabeschi, appunto con i miti. Il ruolo, non solo dell’antropologia o dell’etnologia, ma soprattutto della psicanalisi e la teologia è quello di TRADURRE IN CONCETTI QUESTE IMMAGINI poiché il concetto astratto non esisteva per l’uomo antico. Quando nella Bibbia si dice che Eva parla con un serpente, è un modo di esprime una verità per gli antichi, perché loro non avevano i concetti astratti che noi oggi usiamo per spiegare le nostre convinzioni, ma se dite al prete che la bibbia è piena di racconti in forma di mito, potrebbe prendervi per eretico; gli antichi usavano il loro linguaggio, cioè il mito che non è, come ci è stato assurdamente tramandato, un racconto falso o una favola inventata con tanta fantasia, bensì è il mezzo linguistico che avevano le mentalità antiche per trasmettere una verità.

MONDO SIMBOLICO E MONDO DIABOLICO
In greco i termini in contrasto sono simbolico e diabolico. Il simbolico è il mondo degli archetipi che unisce compenetra collega integra il visibile con l'invisibile, la realtà con l'inconscio o fantasia (si diventa illuminati); il diabolico è il mondo dell'incomprensione che divide separa spacca, la tua comprensione interiore con la realtà esterna (si diventa schizofrenici). Il ruolo del teologo, del filosofo, del sociologo, dello psicanalista moderno sta nel sapere decifrare e tradurre nel nostro linguaggio concettuale, analitico ed astratto, ciò che gli antichi esprimevano con immagini, metafore, simboli, parabole, allegorie e racconti, però per far ciò non si può prescindere da una forte conoscenza psicologica dell’uomo, perché la strada da percorrere passa attraverso una profonda conoscenza degli archetipi dell’inconscio collettivo, come lo aveva definito Jung. Chi invece intende e s’immagina Eva parlando letteralmente con un serpente, rimane nell’infanzia della letteratura, rimane prigioniero del mito in senso infantile, amante delle favole delle nonne che addormentato i bambini ma non fanno ragionare gli adolescenti, rischia di confondere la fantasia del racconto con la realtà che vi si cela e quindi di perdere il senso o la morale del racconto. Se i giovani o gli adulti oggi smettono subito di leggere la Bibbia, è perché la loro è una mentalità scientifica concettuale e non riescono a concepire il fatto di una donna che parla con un serpente e lasciano questi racconti ai bambini. Bisogna decodificare i simboli; comprendere come nei sogni il significato del serpente, dell'albero della conoscenza e di Eva, altrimenti si finisce per credere diabolicamente che il mito sia un racconto falso.

TRASFORMAZIONE DEL LINGUAGGIO
Uno degli aspetti essenziali del mito è che l’uomo ha sempre la tendenza di proiettare nel futuro il presente così com’è, senza TRASFORMARLO. Nella Bibbia, per esempio, a livello dell’espressione c’è del mito: la vita eterna come un riposo, un banchetto, e noi di conseguenza tendiamo ad immaginare la vita eterna come un riposo sulla linea di un riposo umano quando si è stanchi, di un banchetto umano quando si ha fame, per questo molti immaginiamo il cielo come una villa dove non si fa nulla non si pagano le bollette e si ha tutto a sazietà, piuttosto che trasformare quelle immagini al senso di PACE (un campo fiorito) e FRATERNITÀ (un banchetto). La Bibbia è parola di Dio, però in forma umana: Gesù, come uomo, parlò agli uomini del suo tempo usando un linguaggio accessibile e comprensibile per tutti quanti, con le categorie del loro tempo. Oggi però questi aspetti devono essere sottoposti alla critica letterale del nostro linguaggio attuale che è concettuale. Dobbiamo comprendere cosa c’è sotto la simbologia dell’immagine, altrimenti rimaniamo attaccati alla fantasia di un’età per noi infantile, cioè delle prime epoche della storia umana, e leggiamo testi sacri come fiabe. Questa comprensione però non deve eliminare un tale modo di riportarsi alla realtà, poiché è salutare, coinvolge una parte della nostra natura che va esercitata ed è, ancor di più, quella parte che ha più accesso alla dimensione trascendentale, è la dimensione psicologica dell’infanzia, non per caso Gesù disse: “Se non diverrete come i bambini (che amano le favole) non entrerete nel regno dei cieli (che è la vostra mente ed anima che viaggia con le immagini la fantasia, linguaggio dei sogni e dell'inconscio) …”. La psicanalisi ha fatto dei grandi passi in questa direzione con ottimi risultati se ben inseriti nel campo spirituale.

ATTENZIONE AI TESTI SACRI:
C'E CHI DICE CHE SONO LETTERALI
C'E CHI DICE CHE SONO SIMBOLICI
Uno dei più grandi abbagli che si prendono nello sfogo mistico quando si vuole comprendere o spiegare un testo sacro è divinizzarlo per forza, quindi le si cerca un senso ultraterreno quando spesso la sacralità non cerca altro che farci trovare la nostra via o sentiero umano, appunto quello che conduce davvero al divino.
Il risultato di questo modo d’interpretare i testi antichi in maniera spesso letterale, non è la fede, ma piuttosto la superstizione (come in molte sette religiose), qualcosa di più forte, perché sommerge la sensibilità, ma non penetra nella ragione, a meno che la si violenti (come sarebbe il credere e il pensare che un serpente davvero potesse parlare, camminare dritto e ragionare con una donna come Eva!). Quando Gesù disse che dobbiamo diventare bambini per entrare nel regno dei cieli, faceva sicuramente riferimento anche a questa capacità psicologica che ha ogni persona di decodificare il simbolo, di trascendere l’immagine reale e scoprire il senso soprannaturale delle cose, ecco il perché Gesù predicava in base ai racconti, favole, parabole, come se parlasse ai bambini, ma il senso dei suoi racconti sono di un’altissima qualità intellettuale, anche perché l’essere umano stesso, in quanto fatto ad immagine di Dio, è simbolo di Dio stesso. Molti scrittori biblici sono uomini antichi e parlavano il loro linguaggio, altrimenti capita come a molte persone, o credono ingenuamente che i serpenti parlino (e questo non è fede, bensì superstizione, perché la fede è l’atto massimo della ragione, mentre la superstizione sopprime la ragione con l‘euforia di una sensazione fantastica spacciata per divina) o si mettono a ridere leggendo queste storie fantasiose e strane di Zeus e compagni, anzi molti le considerano ridicole, quando in realtà i ridicoli siamo noi che non abbiamo la conoscenza giusta per interpretarli; soprattutto oggi le giovani generazione fanno fatica a credere a serpenti che parlino astutamente con Eva, perché la nostra cultura più analitica e razionale non è in sintonia con questo tipo di linguaggio.

LA PAROLA VA RISORTA (nel cuore)
E NON SOLTANTO RISOLTA (con la ragione)
Le parole vanno trasformate alla luce di una verità. La trasformazione richiede MORTE. Una bambina diventa donna solo se abbandona il suo mondo infantile, e le sue bambole e la sua vita dipendente dalla gonna della mamma. Dunque, Dio è buono, ma non come gli uomini, “Dio è l’ultima realtà delle cose, in quanto conquistato è cielo; in quanto perduto è inferno; in quanto c’interroga è giudizio; in quanto ci purifica è purgatorio …” (H.U.V. Balthazar). In altre parole, cielo, inferno, purgatorio, etc .… non sono luoghi, ma stati d’animo, non un Qualcosa in cui uno si trova, bensì il modo di essere davanti a Qualcuno. Il Cielo non è qualcosa, è QUALCUNO, è Dio stesso, essere in cielo non vuol dire stare in un determinato luogo dove c’è la felicità e la pace, ma è uno stato in cui uno si trova felice e vive in pace: il regno dei cieli, come disse Gesù, non è fuori ma dentro di noi.

COME NASCE L'ADORAZIONE?
CI SONO 2 TIPI DI ADORAZIONE
L’uomo antico percepisce che la potenza che lo sovrasta oltre ad essere enigmatica è anche ambigua, può fargli del bene ma anche del male (la pioggia dissetava i campi ma poteva anche fare un alluvione), quindi tende a divinizzare tutto ciò che è assoluto o potente per ingraziarselo (la danze della pioggia), persino le persone comuni che si distaccavano per una peculiarità, venivano acclamati come eroi, un bambini deforme era ritenuto una divinità o un demone, quindi aiutati dagli dei o persino, come nel caso di imperatori e faraoni, figli di Dio. L’uomo ha paura da tutto ciò che è ignoto, sconosciuto, potente, quindi o lo divinizza o lo demonizza.
Gli dei non erano altro che le proiezioni dell’inconscio umano, descritte in maniera simbolica, quindi attraverso il mito o i racconti, donde è normale che gli dei si presentino con sembianze umane, cioè antropomorfici, il nostro è un linguaggio per analogie, per ciò quando noi descriviamo Dio, in realtà descriviamo ciò che l‘uomo pensa di Dio e mai ciò che Dio è nella sua totalità, perché se è eterno non può essere compreso nella nostra finitezza umana, questo non vuol dire che l‘analogia sia falsa, anzi coglie in qualche modo la realtà infinita, ma non possiamo renderla noi assoluta o dogmatica, perché allora peccheremmo di presunzione.
L'adorazione allora è falsa se nasce dalla paura quindi dall'ignoranza e la mistificazione dogmatica e superstiziosa, mentre è vera quando nasce dall'amore quindi dalla pienezza del cuore e la consapevolezza.

L'ISTINTO SELVAGGIO
La nostra psiche ha un armonia con la natura primitiva, perchè questa è il nostro più istintivo habitat naturale. Selvaggio quindi si intende non in maniera negativa come retrogrado o poco sviluppato, anzi proprio il contrario: selvaggio in quanto puro, integro, originale. Nelle fiabe i personaggi sono chiamati quindi a ritrovarsi nelle caverne, sotto le miniere, nei boschi, sopra le montagne, nella solitudine, il deserto, il silenzio, il buio tutti richiami intrauterini e dell'inconscio, tutti aspetti necessari per la rinascita in noi delle due potenze psichiche: la dea Madre selvaggia del femmineo (cuore) e del Padre divino ragionevole (testa) che insieme danno alla luce la consapevolezza (chiamato il figlio, il Buddha, il Cristo, l'illuminato, il genio, il folle e via dicendo secondo la diversa cultura).


L'ALBERO COME ARCHETIPO
Quello dell’albero è uno dei temi simbolici più ricchi e diffusi. M. Eliade distingue sette interpretazioni principali che peraltro si articolano tutte intorno all'idea di cosmo vivente in continua rigenerazione.
L’albero è simbolo di vita in continua evoluzione, in ascensione verso il cielo, evoca con grande forza il simbolismo della verticalità. Serve anche a rappresentare il carattere ciclico dell’evoluzione cosmica: morte e rigenerazione. Soprattutto gli alberi a foglie caduche evocano un ciclo, poiché si spogliano e si rivestono ogni anno delle loro foglie. L’albero mette anche in comunicazione i tre livelli del cosmo: quello sotterraneo, per le radici che affondano nel terreno, la superficie della terra, per il tronco e i primi rami ed i cieli per i rami superiori e la cima attirata dalla luce del sole. Esso riunisce tutti gli elementi: l’acqua circola con la linfa, la terra si integra al suo corpo attraverso le radici, l’aria nutre le sue foglie, i fuoco si sprigiona dal legno se lo si strofina.
Il simbolismo sessuale dell’albero è duplice Esteriormente, il tronco eretto è immagine fallica, mentre la cavità dell’albero spesso interviene come una matrice analoga alla grotta. Taluni alberi possono essere maschili, altri femminili. L’albero è anche considerato un simbolo dell’unione fra il continuo e il discontinuo: rami, ramoscelli, foglie sono legati e l’albero è la loro unità. Ciò rende il tronco equivalente all'albero intero.
L’albero rappresenta anche l’evoluzione vitale dalla materia allo spirito, dalla ragione all'anima santificata: ogni crescita fisica, ciclica o costante, e gli organi della generazione, ogni forma di maturazione psicologica, il sacrificio e la morte ma anche la rinascita e l’immortalità.

Jung sostiene che ogni essere umano desidera sviluppare le sue innate potenzialità e che a questo scopo l'inconscio e la coscienza devono cooperare. Se questo processo non si sviluppa in modo armonico, ha luogo una reazione dell'inconscio che si esprime nei sogni, nelle fantasie e nelle fiabe, che mostrano appunto profonde affinità presso i popoli di tutto il mondo. Queste modalità di relazione sono chiamate da Jung archetipi. Pertanto l'inconscio può esprimersi nell'immagine archetipa del grande bosco o del mare che l'eroe o l'eroina della fiaba devono attraversare. Jung interpreta anche i personaggi come figure archetipiche. Se l'eroe, egli dice, non riesce più ad andare avanti e viene un vecchio in suo aiuto, il vecchio rappresenta uno degli archetipi dell'anima, del giudizio, della concentrazione mentale, ossia un modello etico di comportamento. Per esempio uno di questi archetipi è Yama, il trasportatore d'anime nelle culture orientali.

ARCHETIPO DEL CONFLITTO
La fiaba offre aiuto per superare il primo conflitto, che riguarda il problema dell'integrazione della personalità. Nelle fiabe ci sono sempre i personaggi cattivi che ti impediscono di passare una strada, o quelli che ti danno la caccia, oppure la ricerca di qualcosa che non trovi mai. Per evitare di essere sconvolti dalla nostre ambivalenze e di esserne lacerati, è necessario che noi le integriamo per conseguire una personalità unificata in grado di affrontare con successo e con sicurezza le difficoltà della vita. L'integrazione interiore è un compito che ci troviamo di fronte per tutta la vita, in diverse forme e gradi.

L'ARCHETIPO DEL COMPLESSO DI EDIPO
Un altra crisi che le fiabe spesso affrontano sono quelle del cosiddetto complesso di Edipo (che come vedrete non è proprio esclusivamente sessuale), e cioè una serie di dolorose e disorientanti esperienze attraverso le quali il bambino diviene realmente se stesso se riesce a separarsi dai suoi genitori. Perché questo sia possibile, egli deve liberarsi dal potere che i genitori hanno su di lui e dalla sua dipendenza da loro. La funzione catartica della fiaba permette di prendere coscienza del conflitto (gelosia per i fratelli, odio edipico per il genitore, aggressività, insicurezza, morte o abbandono di un genitore) e, grazie ai sentimenti infantili di onnipotenza, esercita un ruolo fondamentale per la rimozione dei conflitti e delle lotte del bambino all’interno del suo ambiente.



L'ANIMA DELL'ANIMA
Così come un albero ha nel suo frutto il seme dal quale può crescere di nuovo un altro albero, anche a livello psicologico noi abbiamo non solo una vita ma anche il senso di tale vita richiuso dentro la nostra interiorità spirituale. Le fiabe sono come questi semi, albergano i significati archetipi, le potenzialità dell'anima nella sua dimensione comprensiva. Le persone illuminate sono come le donne incinta, portano in se stesse il frutto della vita nella sua massima espressione significativa: la consapevolezza
 .







FIABE
La fiaba è un racconto di avventure in cui domina il meraviglioso, tanto negli episodi come nei personaggi, e che ha di solito come protagonista un essere umano, nelle cui vicende intervengono spiriti benefici o malefici, demoni, streghe, fate. Rispetto alla favola, in cui in genere i protagonisti sono animali o esseri inanimati e il cui scopo è quello di comunicare una verità morale o un insegnamento di saggezza pratica, la fiaba ha carattere decisamente più fantastico ed è di norma priva di un fine morale. Gli studi d'impostazione psicoanalitica danno una lettura in chiave simbolica dei temi e delle figure della fiaba, sino a rivelarne dei veri e propri archetipi.



La teoria junghiana avvalora la tesi secondo cui le fiabe, come altri prodotti della mente umana, quali i sogni, i miti, le credenze, sarebbero parte dell'inconscio collettivo e apparterrebbero all'umanità intera, in quanto create dalla psiche, al pari di altri archetipi o immagini primordiali, in un eterno susseguirsi, indipendentemente dai luoghi e dal tempo. 
Si tratterebbe, quindi, di creazioni universali che si ritrovano dappertutto pur con certe varianti.








ESOTERISMO
Le fiabe contengono messaggi nascosti che parlano all'inconscio del bambino e contribuiscono a fargli superare i problemi di crescita: il bisogno di essere amati o la paura di non essere considerati, l'amore della vita e la paura inconscia della morte, o quei conflitti profondi che traggono origine dai nostri impulsi primitivi e da violente emozioni interiori.





EVA, IL FEMMINEO SACRO 
Eva non fece male a prendere della conoscenza, anzi senza la conoscenza non avrebbe mai saputo neppure che era ignorante. Nelle mitologie patriarcali Atena nasce dalla testa di Zeus come Eva dalla costola di Adamo, a quel punto il potere di dare la vita da sempre ritenuto appannaggio del femminile viene conquistato dal maschile al fine di imporre la sua superiorità e il suo conseguente dominio sul resto del mondo. Atena usci dalla testa di Zeus: è il maschio che ragiona e prende le decisioni, questo era il significato. Ma il rovescio della medaglia dice che lei è la ragione del suo agire: l'indipendenza dalla legge, per cui quella di Eva non era disubbidienza bensì presa di coscienza e di responsabilità personale, coraggio di agire da sola secondo le proprie convinzioni ... grande Eva!!!

COME SI DECODIFICA UN MITO?
Facciamo un esempio ancor più chiaro (questa volta decodifichiamo un mito con la sua spiegazione SOCIOLOGICA): quando Esiodo racconta nella sua teogonia che Zeus divorò la moglie Metis, non si parla per niente di cannibalismo, ma fa riferimento alla soppressione del culto matriarcale di Metis in Arcadia in favore della sapienza patriarcale di Zeus; infatti, Zeus divorò Metis per paura che lei partorisse un figlio che potesse spodestarlo, cioè il regno matriarcale che rivaleggiava con quello patriarcale. Il racconto disse che Prometeo aprì la testa di Zeus con un’ascia e da essa uscì la dea Atena, per cui l’adorazione di Zeus nella città ateniese si concretizzò con il gran tempio di Atena, in favore del potere patriarcale di Zeus; la città poté adorare la dea Atena (matriarcalismo, e popolo laico) ma sotto la sovranità di Zeus (patriarcalismo, il governo aristocratico). Metis era la dea del consiglio, il fatto che Atena esca dalla testa di Zeus, significa che il consiglio esce da una testa che si apre alla ragione, quella del sovrano: è lui che alla fine comanda e decide, quindi questi racconti sono figurativi, allegorici, metafore basati su fatti reali come quel contesto sociale di sovranità ma da non intendere in modo letterale, altrimenti non si potrebbe mai spiegare il perché Zeus, dopo essere stato ucciso con la testa aperta in due, appare in tantissimi altri racconti come se nulla gli fosse successo. Fatto ancor più incredibile che una donna esca dalla testa di un’altra persona, come un parto cerebrale. Dunque sono simboli, immagini, archetipi da decodificare. Prometeo poi era quella forza del popolo che voleva trovare in mezzo a questo conflitto una via di medio senza riuscirci, proprio come tanti di noi oggi che vogliamo il fuoco o potere degli dei, dei grandi. ATTENTI quindi a come leggete tutti i racconti antichi, specialmente quelli sacri!!!

SENZA EVA ADAMO SAREBBE MORTO DI FAME SPIRITUALE NEL GIARDINO E MARCITO POI LI DENTRO SENZA CONOSCERE IL MONDO NELLA SUA ALTERITÀ
La solitudine in cui la Bibbia presenta Eva in un giardino è l'archetipo dell'isolamento del nostro lato femminile, l'intuizione psichica intuitiva e la ricerca spirituale. Eva ha il coraggio di confrontarsi con il serpente, la divinità duale e scopre ciò che Dio nasconde, come dice inseguito la Bibbia: "ha mangiato dell'albero ed è diventata come uno di Noi!" cioè divina. Eva fu attaccata per la sua saggezza e la sua conoscenza e fu costretta ad abbandonare la terra per un certo periodo, lo stesso avvenne per Atena. Senza il femmineo il nostro mondo o giardino non è altro che un monopolio tra gli dei religiosi e i politici di Adamo. Manca Lei, la introspezione spirituale. Eva non fu espulsa dal giardino, in realtà se ne andata, ma i padroni di casa si sono raccontati la situazione a loro favore. Il nostro lato maschile sociale (politica e religione) deve come Ulisse smettere di far le guerre, dimettere il suo apparato bellico psicologico e confrontarsi con le facoltà neglette del suo femminile: il ritorno a casa è il ritorno ai saperi di base, quelli dell’arcaico femminile aperto verso la conoscenza dei misteri della vita.

ARCHETIPO COME IMPRONTA UNIVERSALE UMANA
Il fatto che il nostro inconscio si esprime attraverso simboli onirici, cioè con le immagini dei sogni e poi che in ogni cultura tutte le persone pur avendo tradizioni diverse, sognino con le stesse immagini (serpenti che ti mordono, cadute in burroni, voglia di correre con le gambe immobili, ecc) dimostra come siamo non solo della stessa essenza spirituale ma anche che la verità trascendentale è Una ed Unica. L' "inconscio collettivo" è costituito dagli 'archetipi' che sono forme di funzionamento della psiche profonda: essi hanno una vita pressoché eterna o lungamente immutabile nel tempo, vengono ereditati geneticamente ed influenzano notevolmente il concreto operare dell'uomo. Se essi invadono la coscienza senza "filtri" e senza "controlli" possono essere numinosi, cioè possono far vivere alla psiche umana esperienze intense, luminose, estatiche: ovvero possono dar luogo, al contrario, a fenomeni dissociativi e distruttivi per la persona. Quando invece essi vengono mediati dai complessi dell'inconscio personale, o quando vengono utilizzati dall'attività simbolica espressa dall'Io cosciente, essi sono rivelatori di grandi e nuove idee e riversano nel soggetto la loro immensa energia psichica.



DESIDERIO DELLE MIE BRAME, CHI HA LO SPECCHIO PIÙ BELLO DEL REAME?
La storia raccontata in una fiaba è ancora qualcosa di più importante: è la storia della psiche che , attraverso una serie di eventi, a volti pieni di rischi e pericoli, raggiunge una meta, un traguardo, un obiettivo. La fiaba diventa la metafora della storia della vita della psiche: narra le vicende, le peripezie, i tormenti, i sentimenti, le passioni, le tentazioni, i dolori attraverso i quali la psiche giunge infine alla sua piena maturazione, liberandosi dai complessi che l'avvolgono e la mettono a dura prova, e nutrendosi della forza degli archetipi che, invece di distruggerla, finiscono con il fortificarla, riportandola a vita autentica.



I 4 PUNTI CARDINALI EMOTIVI FEMMINILI DELL'ANIMA ... E UN QUINTO SCOMODO.
Ci sono quattro attitudini e stati fondamentali dell'Anima e un quinto che mette tutto a repentaglio:
- Eva, rappresenta il sesso, l'attrazione fisica, la maternità, la nostra dimensione emotiva più a pelle con la materia, spensierata, solare, giocosa, ma per questo rischiosa e tendente alla superficialità se trascurata e sottovalutata.
- Penelope, la donna ideale, comprensiva, forte ma tenera, persino colta con la quale il rapporto non si esaurisce allo scambio sessuale, ma assume anche forme spirituali e fedeltà (è la Maria Magdalena greca)
- Vergine Maria, il livello più alto della spiritualità ma anche dell'ambiguità, sempre scuro, estraneo, alla quale manca il fascino dell'oscurità, e pertanto appare spesso come un ideale irraggiungibile, quasi finto, causa in noi sia attrazione che paura.
- Sophia, la saggezza divina, un mondo di calare a terra, perchè la saggezza è più vicina alla vita e non implica necessariamente una virtuosa spiritualità.
- Elena di Troia, è il conflitto che spesso si crea in noi, quando non sappiamo cosa fare se orientarci vero il divino o l'umano, se dedicarsi allo spirituale o allo mondano, sorge allora una vera e propria guerra di Troia a livello psichico.





L'ARCHETIPO DONNA... COME GREMBO VITALE E MISTICO
Tutte le religione trovano nelle donne una grande forza, alleanza e complicità, per una semplice ragione: la donna sa nel suo intimo che lei stessa è mistero a se stessa, lei dà la vita, concepisce, gestisce la vita, ma può anche distruggerla (come le Parche, quando alla donna viene tolta la bellezza spirituale diventa strega e fa del suo corpo potere di dominio e distruzione). Fin dall'antichità erano le donne le sacerdotesse o mediatrici del divino. La terra era madre come tutta la natura, la Luna era luce o faro femminile nel buio, compagna (madre) nelle notte buie in assenza del Sole (il padre). Lei come Prometeo domina il potere del fuoco: il focolare domestico, la famiglia, grembo di ogni società. La nostra dimensione psichica femminile (yin) è proprio quella parte cerebrale più attiva per le cose spirituali, artistiche, sensibili, emotive, quindi divine.





Secondo Jung le fiabe sono “l’espressione più pura dei processi psichici dell’inconscio collettivo e rappresentano gli archetipi in forma semplice e concisa”. Le quattro funzioni psicologiche: Pensiero, Sentimento, Sensazione, Intuizione. Queste quattro funzioni permettono di descrivere varie figure archetipiche che rappresentano i diversi aspetti della psicologia maschile e femminile. I personaggi della fiaba (come quelli del sogno) sono sempre un’espressione di queste figure archetipiche e quindi sono molto spesso riconducibili ad un aspetto particolare di una data funzione psicologica. Sebbene l’individuo abbia in sé tutte e quattro le funzioni, è prevalentemente solo una di queste quella con cui egli si orienta e si adatta nella realtà. Il seguente schema circolare illustra le polarità dialettiche che si instaurano tra le quattro funzioni. Ad ogni funzione è stato attribuito un elemento della filosofia classica (Terra, Acqua, Aria, Fuoco) ed un corrispondente colore. Le figure archetipiche che esprimono l’Io maschile e l’Io femminile si ripartiscono secondo queste quattro funzioni, dando luogo ad otto personaggi maschili e ad otto femminili; otto e non quattro, in quanto ciascuna funzione può assumere una valenza positiva o negativa. In tutto, risultano 16 personaggi archetipici ai quali possiamo aggiungere due archetipi sintetici: 1) il Vecchio Sapiente che esprime la totalità del principio maschile e spirituale; 2) la Madre Terra o “Magna Mater” che esprime la totalità del principio femminile e materiale.
Per ulteriore approfondimento su ogni personaggio lo troverete nell'album "i Puzzle di una Fiaba". 

LA GRANDE LACUNA O VUOTO FEMMINILE DEGLI ARCHETIPI MASCHILI
L'inconsci collettivo come noi lo consideriamo oggi è stato elaborato in base a delle culture che descrivono miti, leggende, fiabe, ecc in chiave prevalentemente maschile, tipo: Il sole è maschio e la fauna è femmina. E' normale che in una società patriarcale i segni più potenti assumessero valenze maschili, ma se pensassimo invece che l'inconscio collettivo non ha termini nè di luogo (spazio), nè di tempo, allora converremo che le culture prese in considerazione coprono un'arco di tempo limitatissimo, circa 5 mila anni, l'uomo , ma cosa veramente sappiamo della formazione di miti antecedenti il diluvio?, anche se non c'è nulla di scritto possiamo invece intuire che ci sia stata una mentalità femminile a forgiare il più arcano mito, perchè noi percepiamo un codice nel nostro più intimo che è speculare, al rovescio, e cioè che le cose altissime si trovano in basso, i grandi sono persone molto umili, le altezze della mente sono in profondità del cuore, la realtà esteriore la si cogliere dall'interiore, le intuizioni più luminose si vedono nel buio e via dicendo. Pensate quindi a Dio ed è ovvio che lo si ritiene maschio ed a lui si dà il simbolo della luce e dell'amore, ma non trovate che sia bizzarro, nell'immaginario collettivo , attribuire queste caratteristiche al DIO cielo?  Trovo siano di più le donna a dare la vita e alla luce e ad avere una cura amorevole più celeste. Se le stesse analisi, le stesse religioni, le stesse fiabe, fossero state scritte da società matriarcali di perduta memoria, gli archetipi sarebbero diversi, ma proprio per questo le fiabe non mentono, viene fuori il femminile soffocato ed alienato in quasi tutte le fiabe che analizziamo. Basta pensare che ci sono culture non tanto lontane nel tempo, come gli Ittiti che attribuivano al sole qualità femminili e alla tempesta qualità maschili, oppure ancor oggi il popolo polaco nella cui lingua la Luna è maschio. Il sacro non ha confini ne distinzioni , la nostra mente occidentale fa fatica a comprenderlo il TAO invece no, Cielo e terra hanno la stessa valenza, bene e male non hanno un valore positivo o negativo solo ad ognuna caratteristica, ma hanno lo stesso potere di interscambiabilità, un unità di fondo che si integra. Tenere una mente elastica e pronta al cambiamento è molto difficile, ma conveniente, mentre spesso ci si lascia facilmente trasportare dagli stereotipi e dalle interpretazioni di convenienza o dalle imposizioni dell'ideologia dominante.



I 7 ARCHETIPI 

Il numero 7 ha una simbologia molto complessa: 7 in quanto culmine divino, come i giorni della settimana, come i 7 sensi interiori, come i 7 nani di Biancaneve (che si prendono cura dell'anima nel bosco interiore) come i 7 chakra. Anche il percorso di autorealizzazione tracciato dalla Psicologia Transpersonale, che divide il cammino di crescita in sette simboli archetipali di base: 

1.il Bambino
2.il Viandante
3.il Cercatore
4.il Guerriero
5.l'Imperatore
6.il Mago
7.il Saggio

Il cammino inizia da uno stato di fusione con la realtà in cui siamo appagati da ciò che ci circonda, in quanto veniamo nutriti dall'ambiente stesso (vissuto in maniera simbiotica, senza distinzione tra bimbo-individuo e madre-matrice: siamo nell'archetipo del Bambino), ma questo stadio non può durare in eterno e prima o poi veniamo dalla vita sospinti nel processo di individuazione dove cominciamo a vagare senza meta precisa (siamo dei Viandanti), semplicemente mossi dai nostri bisogni non soddisfatti, e questa fase può durare moltissimo tempo. In seguito a forti esperienze interiori e di vita cominciamo a intravedere una meta interna da raggiungere ed allora inizia una ricerca finalizzata (diventiamo dei Cercatori), in pratica "ci mettiamo sul sentiero", nelle fasi successive ci troviamo a lottare per conquistare la nostra anima simboleggiata da "il tesoro perduto", il "Sacro Graal", "la principessa da liberare" (siamo dei Guerrieri) e quando risultiamo vincitori della nostra battaglia personale ci mettiamo a regnare (siamo degli Imperatori) su di un Regno finalmente riconosciuto e riconquistato, nuovamente fertile ("Il Re e il Regno sono una cosa sola" si dice nella saga di Re Artù, quando il "re si addormenta" la terra inizia a diventare sterile...). Il passo seguente nella Via dell'autorealizzazione è il dominio di un regno ancor più sfuggente e impersonale, collegato direttamente alla dimensione magica dell'universo, e la sua maestria ci spinge al rango di Maghi (siamo esseri spirituali alla ricerca di consapevolezza), mentre la completa trascendenza e non identificazione da tutto ciò che sia duale e non unitario spetta all'archetipo finale del Saggio che arriva non solo quando meno te l'aspetti ma neppure quando te ne accorgi di esserlo un saggio!!!








IL FEMMINEO PSICOLOGICO
Femmineo è la nostra parte psicologica (sia in uomini che in donne) creativa, intuitiva, più sensibile ed in armonia con la natura, ciclica, molto vulnerabile ma capace di risorgere da sè qualora la si scorga, è il germe della vita spirituale, del divino, della nostra sete di infinito e di trascendenza.












L'INCONSCIO, IL MONDO SOMMERSO
In tutte le culture antiche c'è sempre stato un rituale chiamato abluzione, immersione o battesimo, attraverso il quale ogni creatura che nasce viene messa in contatto con il mondo misterioso che la precede: l'ignoto infinito. Nelle fiabe ricorre l'archetipo sotto forme diverse: mostri che abitano un lago, le sirene, città occulte nel fondale oceanico e via dicendo. E' un mondo dal quale veniamo ma dove non possiamo rientrarci senza morire (non c'è ossigeno, come non lo c'è sotto i fondali marini, come non c'era dentro il liquido amniotico dell'utero dove galleggiavamo nei mesi fetali). Il cosiddetto battesimo serve proprio a questo: prendere coscienza che esiste una dimensione interiore, profonda, spirituale che si apre a dimensioni trascendentali, e fintanto che noi non ci decidiamo a vivere secondo questo nuovo spirito, vivremo legati condizionati ed ignari di cosa sia davvero la vita. Il battesimo quindi è una presa di coscienza, di consapevolezza e non solo un rito banale, convenzionale, di facciata, una festicciola sociale che resta inutile ed inefficace a livello spirituale, perché oggi viene vissuta solo come cerimonia di protagonismo e non come azioni vitale vissuta. Il battesimo in Spirito di cui parlava Gesù era una vita introspettiva, di riflessione, di preghiera, di presa di coscienza, di CONSAPEVOLEZZA e noi attraverso le fiabe seguiamo proprio queste immersione.



« Gli elementi coscienti che lasciano intravedere i retropiani inconsci sono chiamati da Freud simboli, ma impropriamente, perché nella sua dottrina essi svolgono solo il ruolo di segni o di sintomi di processi sublimali e niente affatto quello di simboli veri e propri. Infatti per simbolo bisogna intendere un mezzo atto a esprimere un'intuizione, per la quale non si possano trovare altre o migliori espressioni. Quando Platone con la parabola della caverna esprime il problema della teoria della conoscenza, o quando Gesù Cristo esprime con parabole la sua idea del Regno di Dio, noi abbiamo dei veri e propri simboli, cioè dei tentativi di esprimere ciò per cui non esiste nessun concetto verbale. »

C. G. Jung, La psicologia analitica e l'arte noetica



Ogni cosa futura era già prefigurata in immagini: per trovare la propria anima, gli antichi andarono nel deserto. Si tratta di una metafora. Gli antichi vivevano per i loro simboli, perché per loro il mondo non era ancora diventato reale. Per questo si recarono nella solitudine del deserto per insegnarci che il luogo dell’anima è un deserto solitario. Lì ebbero visioni in abbondanza, i frutti del deserto, i fiori strabilianti dell’anima. Medita assiduamente sulle immagini che gli antichi ci hanno lasciato. Esse indicano la via di quel che ha da venire. Guarda indietro al crollo degli imperi, alla crescita e alla morte, a deserti e a conventi; essi sono le immagini di ciò che verrà. Tutto è stato predetto. Ma chi sa interpretarlo?
Se dici che non esiste il luogo dell’anima, allora esso non esiste davvero. Se invece affermi che esiste, allora esiste davvero. Nota ciò che gli antichi dicevano in senso figurato: la parola è un atto creativo. Gli antichi dicevano: in principio era la Parola. Considera questo insegnamento e meditalo.
Le parole che oscillano tra nonsenso e senso superiore sono le più antiche e le più vere.
CARL GUSTAV JUNG, Liber Novus (Il Libro Rosso)


GLI ARCHE O MODELLI SERIALI
Quando il neonato inizia a percepire con i sensi la realtà che lo circonda, immediatamente comprende che lui non è la culla contro cui sbatte, non è più la mamma che si allontana (prima era tutt'uno con lei), non è il pannolino che lo copre. Quindi si scopre UNO il primo degli archetipi primi:

  • 1. IO esisto, difronte a me sorge un mondo, un TU, quel mondo si presenta immenso ed IO piccolo; percepisco quindi la totalità dell'universo e si conseguenza la mia nullità personale. Da questo con incontro scontro e contrasto nasce il duale:
  • 2. E' il principio vitale alchemico, la dualità di cui tutto si forma e si trasforma (freddo-caldo, alto-basso, bello-brutto, acqua-fuoco, ecc..). L'elemento duale più potente è quello sessuale a livello fisico, la differenziazione maschio-femmina; poi c'è quello trascendentale a livello spirituale, Dio-Demone; infine quello morale a livello esistenziale, il bene e il male. In questa dimensione del duale si forma una lotta che dura anni, persino tutta la vita, nello scopo di vincere il dualismo in noi. Ma è proprio da quella lotta che nasce la visione trinitaria:
  • 3. Il padre e la Madre creano il Figlio, il terzo, il Io e Tu vedono quindi nascere il terzo che è lei o lui e quindi Noi, la comunicazione. Questa apparente pienezza in tutte le religione viene concretizzata con le divinità triangolari o trinità: Trinità cristiana (Padre, Figlio, Spirito Santo), i "gioielli" del Buddhismo (Buddha, Dharma, Sangha), la trimurti induista (Brahma, Shiva, Visnù), la trinità egizia (Iside, Osiride, Horus), le sostanze fondamentali dell'Alchimia (Sale, Mercurio, Zolfo), i dosha dell'Ayurveda (Vata, Pitta, Kapha), i guna indù (Tamas, Rajas, Sattva), ecc... Dopodiché la vita si apre alla natura e nasce l'archetipo quadruplo:
  • 4.  Sono gli elementi naturali (Terra, Acqua, Fuoco, Aria), i punti cardinali, le stagioni, le fasi lunari, i semi dei tarocchi (coppe, danari, bastoni, spade) e sopratutto le fasi della vita (infanzia, giovinezza, adulta e vecchiaia). Siccome gli archetipi si muovono in una dimensione sacra magica ed esoterica, i numeri sono proprio quelli del cammino alchemico e dal 4 si passa al 7:
  • 7. E' la somma di 3+4 (divino+natura), iniziazione dell'identità mistica, qui il duale si presenta come cielo-terra, positivo-negativo, luce-ombra, Dio-Uomo, Virtu (cardinali e teologali)-peccati (capitali), è una dimensione di equilibrio e perfezione, l'arte è l'ossigeno dell'anima che vive in questo archetipo: 7 sono i chakra maggiori, le note musicali, i pianeti tradizionali, i doni dello Spirito Santo, i colori dell'arcobaleno, le fiamme del candelabro sacro agli ebrei, i giorni della Creazione, i simboli dell'iniziazione massonica, ecc.. Dopo tutto questo laboro di gestazione si arriva al momento del parto ed ecco il nono mese:
  • 9. Nove sono i mesi di gestazione, periodo in cui noi dobbiamo vivere sommersi per nascere ad un altra dimensione, ecco perchè anche 9 sono le vibrazioni fondamentali in Numerologia, gli archetipi dell'Enneagramma, le muse greche, è il simbolo del compimento.
  • 12. E' il numero della comunità, dell'organizzazione e di una struttura ordinata, per questo ne troviamo archetipi e simboli in ogni epoca e di ogni tipo: 12 sono le costellazioni, i mesi dell'anno, le ore del giorno e della notte, gli Apostoli di Gesù, le lettere che formano il nome di Dio seguendo le mutazioni del Tetragramma ebraico, le fatiche di Ercole, i cavalieri della Tavola Rotonda, le tribù di Israele, i segni dello zodiaco, gli dei dell'olimpo, 12 sono i nervi cranici, le vertebre toraciche e le paie di costole, ecc... 
  • 22.  sono le lettere dell'alfabeto ebraico e gli Arcani Maggiori dei Tarocchi 
  • 64. sono gli esagrammi degli I Ching, ma anche il n° di informazioni codificate dal nostro DNA
  • 72. sono i gradi dello zodiaco, i geni cabalistici, i nomi di Dio, le regole dei cavalieri templari.

Dopo gli archetipi fondamentali ci sono le ramificazioni ulteriori, sono i simboli derivati presenti in tutte le forme, i suoni, i pensieri, i colori e le azioni di cui si compone l'esistenza, potremmo anche chiamarli Deuterotipi, cioè modelli secondari, che ramificandosi a loro volta sono virtualmente infiniti. La comprensione del linguaggio simbolico è semplice e naturale in quanto è con questo linguaggio che è scritto il Libro della Vita. 


L'ETERNA DISUBBIDIENZA DI EVA
Il dono di Eva è chiamato disobbedienza, ma in realtà è la capacità di assumersi la responsabilità dei dubbi che sono il motore della conoscenza, del coraggio e del diritto di credere in te stesso. In quasi tutte le fiabe, leggende e miti, la disobbedienza mette in moto tutte le esperienze (Tre porcellini, Cappuccetto rosso, Pinocchio e così via ...) il Dio che punisce Eva è lo stesso del tentatore del Serpente (Yin-Yang); Dio e il Serpente sono due facce della stessa medaglia, proprio come le figure di Adamo ed Eva. Pertanto, è meglio non sottovalutare il suo coraggio chiamandola disobbedienza - forse è l'indipendenza da un falso mascolino difensore di Dio.







PRIMA DELLA PAROLA C'ERA IL SIMBOLO
Gli antichi comunicavano con segni, simboli, archetipi, ma un simbolo racchiude tutto un universo di concetti che noi per descriverlo impieghiamo una quantità di termini e parole esagerate. Pensiamo alla parola "definire" infatti noi cerchiamo definizioni ma de-finire significa che quel concetto ha detto tutto (de - finito : è finito tutto il quella parola), mentre nel simbolo si apre un mondo infinito ( senza fine ne confini), perchè il simboli non solo comunica ma fa anche sentire. Infatti pensiamo ai termini che usiamo quando vogliamo comprendere una cosa: comprendere vuole dire cum - prendere, è aver preso con se stessi il senso oppure "spiegare" vuole dire levare le pieghe, come spogliare, sbucciare una parola per aprirla dentro. E ancora: Intendere = tendere dentro, cercando di metterci nel profondo. In tutti questi termini si sente lo sforzo della parola, sforzo che il simbolo non ha. Fateci caos, quando un genio scopre un altra realtà gli mancano le parole, non riesce a spiegarsi, a farsi comprendere, perchè l'immagine che ha in testa e in cuore hanno toccano l'archetipo, l'essenza,no lo può de-finire. Per questo le fiabe, gli arcani dei Tarot, il linguaggio allegorico, la letteratura, sono mezzi di contemplazione sublime, ci trasportano nell'essenza del Divino (colui che gli ebrei non riuscivano nemmeno a chiamare per nome, era impronunciabile a parole, nemmeno a farsi un immagine di quanto fosse immenso). 



















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