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SE NON DIVENTERETE COME I BAMBINI (presenti nel presente, qui ed ora), NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI (la consapevolezza) - Gesù di Nazareth -

Adamo ed Eva (in elaborazione)

GENITORI SENZA INFANZIA 
Quando penso ad Adamo ed Eva come progenitori dell'umanità mi fanno solo paura: creati adulti quindi senza infanzia; se Adamo ed Eva non sono stati bambini come possono vedere i loro figli se non attraverso l'ombra di un passato a loro sconosciuto e precluso? Questo vuoto teologico rispecchia una società in cui gli adulti sono sempre tenuti a vivere nell'angoscia della nostalgia della loro infanzia perduta (L'Eden), donde un impostazione mentale che fa della serietà politica e religiosa un dominio della parte più divina della psiche umana: la semplicità e la spensieratezza del bambino, perciò la spontaneità di cui il mondo degli adulti è privo. Di fatto questa lacuna crea in noi l'ombra dell'intuito psicanalitico di cui l'essere umano ha bisogno per poter vivere quel paradiso perduto che riflettono gli adulti: la loro infanzia perduta e, credetemi, i bambini questo lo percepisco, gli adulti vivono in un mondo così rigido pietrificato e sclerotizzato che fanno fatica a crederci che ci sia un potere divino giusto, perchè un Dio che crea l'essere umano senza infanzia è un Dio infantile in preda di un angoscia puerile. Non vi meravigliate dunque se la nostra infanzia diventa il covo di traumi repressioni e nevrosi future. Alla luce di questa semplice riflessione credo sia necessario rivedere rileggere e riflettere assai sul mito biblico di Adamo ed Eva, un racconto di una ricchezza indiscutibile nonchè preziosa ma poco conosciuto ed ancor meno, poco spiegato; è un racconto biblico che lo si sa per sentito dire, spesso tergiversato e il più delle volte persino banalizzato. 

Ma vi rendete conto che Dio non è stato bambino? quindi l'hanno creato gli adulti senza infanzia, Dio è il riflesso di un bambino smarrito, il nostro bambino interiore che ha persona la sua dimensione trascendentale e divina. 

ADAMO ED EVA E' UN MITO ARCAICO
Una volta dissi alla mia nonna che il racconto di Adamo ed Eva era un mito, per poco non mi mena, per lei ormai ero un ateo degno di scomunica. Fino a pochi decenni fa, i racconti biblici sono stati creduti (non con la fede ma con la superstizione) come se fossero eventi reali, presi alla lettera, successi tale e quale. Se ci caliamo invece nel loro contesto storico comprendiamo che per quel epoca il mito era il modo corretto di trasmettere una verità, era la loro scienza. La Bibbia non è un libro magico, il suo significato centrale non è scientifico e tanto meno storico, bensì umano e soprattutto religioso, ma religioso in senso spirituale cioè capace di darci una veduta introspettiva dell'essere umano. Dobbiamo, quindi, tenere presente che l’involucro scientifico della Bibbia è sotteso d’accordo ai tempi in cui l’uomo delle scritture visse e scrisse ( fatta eccezione per coloro che credono ad un interpretazione ufologica: Adamo creato da un Elohim, un extraterrestre venuto da un altro pianeta). Il mondo dell’uomo della genesi, dell’oriente medio antico, è fissista, monogenista, geocentrico, eziologico. Dunque, un mondo, dal punto di vista scientifico, soggetto ancora alla maturazione del tempo e delle scoperte che vennero dopo, quindi soggetto alla caducità. Avere conto di questo fatto ci porta ad evitare tanti errori di tipo fondamentalista o di tipo relativista. Assurdo criticare prima Copernico chi pensa che sia il sole a girare intorno alla terra e non il contrario, per cui valutare il mondo antico con le nostre categorie moderne è un errore da principianti a dir poco assurdo. 


ADAMO ED EVA... LA VERITÀ DI UN MITO
Dire che il racconto di Adamo ed Eva sia un mito fa ancor oggi scalpore in molte persone, cresciute all'ombra di una religione dove il simbolo non era decodificato. Basta sapere che il mito era il linguaggio con cui gli antichi raccontavano una verità (la morale della fiaba per i bambini ad esempio), per cui in mancanza di concetti astratti ed analitici (perchè gli antichi non avevano un linguaggio analitico ed astratto come il nostro), l'uomo antico si serviva, come con i bambini, delle immagini, degli esempi presi dalla natura, dal mondo dei sogni, ma la VERITÀ nascosta c'è ed è assai. Sta quindi a noi moderni filologi, filosofi, teologi e psicanalisti, tradurre in concetti e linguaggio moderno quelle immagini simboli ed archetipi antichi. Detto questo credo che si possa affermare che Adamo ed Eva era una fiaba antica, un mito dell'uomo ancestrale. In questo album quindi l'impegno colossale di tradurre questa fiaba per la mente razionale adulta. 

L'EDEN PERDUTO E LA REMINISCENZA INCONSCIA 
Chi ricorda mai d’essere stato nel grembo di sua madre?. E anche se non ci fosse nessuno che ricordasse quel momento, non perciò credo che ci sia qualcuno che potrebbe negare di esserci stato!. Quel contatto quasi di fusione con la persona amata, la madre che ci ha fecondato, quel contatto di pace, di sicurezza, di quiete, d’immediatezza, d’accoglienza…è quel contatto divino che segna per il resto della vita tutta la nostra trascendenza umana. Ogni uomo ed ogni donna porta in sé questa nostalgia paradisiaca del grembo materno, quel ricordo impreciso ma definitivo, quella sensazione vaga ma stabile, un non so che di misterioso che ci trascende e si riflette davanti un futuro verso il quale ci avviamo per tutta la nostra vita. Siamo di ritorno alla casa del Padre, verso il grembo Materno divino, in cerca di un Eden perduto. La Genesi è futuro, la genesi è profezia. Il racconto dell'Eden è una profezia. La mia interpretazione del mito di Adamo ed Eva è prettamente psicanalitica quindi un rispecchiarci per cercare l'origine di sè stessi in se stessi. Pensate all'Eden come al ventre della vostra madre, al parto come l'essere espulsi da questo paradiso dove avevate un rapporto intimo e di fusione con l'amore che vi ha dato la vita (Dio = Madre). Il non ricordarci di questo periodo intrauterino, sono i cherubini che ci impediscono l'ingresso a quel giardino mentale. Se la nascita è un uscire da questo giardino la morte sarà un parto al rovescio, sarà uscire nuovamente verso un altro mondo o dimensione dell'essere.


ADAMO ED EVA IN ALTRE CULTURE
Prendere il racconto di Adamo ed Eva come unico parametro dell'origine dell'umanità è alquanto fiabesco sia in senso negativo che positivo, e cioè che se pensiamo che tutta l'umanità proviene da un solo ceppo o coppia ci imbattiamo in enormi e numerosi problemi senza una soluzione plausibile, basta pensare al fatto che Eva in quanto unica donna per popolare la terra avrebbe dovuto per forza accoppiarsi con i figli e successivamente Adamo con le figlie oppure fratelli con sorelle, ma in questo modo dopo qualche generazione, ben sappiamo, i geni avrebbero non dato una popolazione sana bensì malata. Il tabù dell'incesto, come ogni tabù, serve a nascondere un grande mistero che sta anche a discapito dell'umanità, come un vaso di Pandora, quindi meglio non toccarlo e a volte neppure parlarne. Ma sarebbe positivo se pensiamo al senso di fratellanza che ha l'umanità intera in quanto provenienti tutti dagli stessi genitori ancestrali, ma come vedremo più avanti Adamo ed Eva non erano i progenitori dell'umanità bensì, al limite, i capostipiti di una razza. Ma storicamente parlando troviamo il mito di Adamo ed Eva in altre culture, specialmente quella mesopotamica di cui sicuramente gli ebrei furono enormemente influenzati. Basta pensare al racconto di  Enûma Eliš  di cui ne abbiamo parlato altrove. Oppure l’influenza dell’Epopea di Gilgamesh, che riferisce, tra le altre cose, l’iniziazione di Enkidu alle gioie del sesso tramite una cortigiana-sacerdotessa. Anche il mito di Adapa, un racconto sul cibo della vita immortale. Enki e Ninhursag è un poema sumerico che descrive il Paradiso terrestre. 


SENZA IL SIMBOLO LA BIBBIA È' UN ARMA IDEOLOGICA
Abbiamo detto in precedenza perchè il libro biblico della Genesi è simbolico, il suo contesto storico è fatto di simboli ed archetipi, dimstreremo più avanti perchè è impossibile affermare alcune cos ein maniera letterale. Una stessa citazione biblica (2Cor 3,6) dice che la lettera uccide mentre è lo spirito della lettera che vivifica (cioè la sua interpretazione). Dunque io personalmente tendo ad interpretare questo racconto come un mito arcaico allegorico da cui possiamo trarre grandissime intuizione psicologiche ed anche spirituali. Avere la pretesa di conciliare la fede con la ragione e quindi di trovare un senso anche scientifico e letterale  nella genesi, è alquanto fuorviante e pericoloso. E' questo vale per tutta la Bibbia: se in essa cerchi uno specchio di verità dove trovare una tua dimensione interiore per avere una conoscenza di te stesso, è possibile, ma se ti servi della Bibbia per avere conferme assolute applicabili a livello sociale e di massa, quindi per gettare le fondamenta di una convinzioni di fede (come la religione) o di sapere sociale (come la politica) o di conferme naturali (come la scienza) allora la Bibbia fugge dal nostro controllo e diventa un arma micidiale di massa e prova ne ha data attraverso gli eventi catastrofici nella storia (guerre sante, inquisizione, fondamentalismi, genocidi, razzismo, ecc...), in questo caso la Bibbia serve soltanto non per conoscere se stessi ma per auto affermare se stessi quindi potere sugli altri e non padronanza di se stessi. La Bibblia ha un contesto anche storico, ma è irrilevante, perchè viene usato per confermare una verità personale e spiritual quindi non storica, per cui alcune cose non storiche sono incastrate dentro la storia ma questo non le rende nè reali nè vere, come nel libro di Giosue 10,12-13 quando lui fermò il sole... questo sicuramente non è vero, era una mentalità geocentrista, era ilsole che si muoveva e non la terra. Siamo di fronte a un canto epico che usa la retorica tipica di questo genere letterario. Si vorrebbe che quella giornata trionfale per Israele non finisse mai, che il sole non tramontasse e che la luna non sorgesse, così da portare a pienezza un evento tanto glorioso e grandioso.


Dunque io personalmente tendo ad interpretare questo racconto come un mito arcaico allegorico da cui possiamo trarre grandissime intuizione psicologiche ed anche spirituali. Avere la pretesa di conciliare la fede con la ragione e quindi di trovare un senso anche scientifico e letterale  nella genesi, è alquanto fuorviante e pericoloso. E' questo vale per tutta la Bibbia: se in essa cerchi uno specchio di verità dove trovare una tua dimensione interiore per avere una conoscenza di te stesso, è possibile, ma se ti servi della Bibbia per avere conferme assolute applicabili a livello sociale e di massa, quindi per gettare le fondamenta di una convinzioni di fede (come la religione) o di sapere sociale (come la politica) o di conferme naturali (come la scienza) allora la Bibbia fugge dal nostro controllo e diventa un arma micidiale di massa e prova ne ha data attraverso gli eventi catastrofici nella storia (guerre sante, inquisizione, fondamentalismi, genocidi, razzismo, ecc...), in questo caso la Bibbia serve soltanto non per conoscere se stessi ma per auto affermare se stessi quindi potere sugli altri e non padronanza di se stessi. 


PROGENITORI DELL'UMANITÀ Sì O NO ?
Quando si pensa ad Adamo ed Eva si intende per tradizione i nostri progenitori, la prima coppia umana da cui tutta la razza umana ebbe inizio, ma ... questa è la teoria della monogenesi che però non risolve tanti enigmi ed incongruenze. A livello genetico come dicevamo prima un solo ceppo non sarebbe l'ideale per le prime generazioni, perchè accoppiamento incestuoso obbligatorio tra sorelle fratelli oppure padre e figlia o madre e figlio, darebbe facilmente l'opportunità ad una prole geneticamente debole. Il racconto dell'Eden ci dice che Adamo ed Eva ebbero 2 figli maschi, Caino ed Abele, poi Abele morì e Caino fu punito a vagare errante. Il terzo figlio fu sempre un maschio, Seth. E le femmine? la domanda sorge espontanea: senza femmine non si procrea, ma dobbiamo tenere presente che per le genealogie la donna non contava, si teneva come riferimento il nome del maschio, dunque qualora il racconto fosse vero alla lettera le femmine sicuramente nacquero. Un libro apocrifo, del I secolo d.C, chiamato l'apocalisse di Mosè o la Vera Storia di Adamo, racconta la vita di questi progenitori dopo l'Eden, ivi si legge:  "Adamo visse ancora 800 anni dopoché ebbe generato Seth, e generò 30 figli e 32 figlie, che si sono moltiplicati sulla terra dando origine alle popolazioni che da loro prendono nome". Comunque fosse stato resta il fatto che l'incesto era lecito e necessario. Ma poi resta un altra incognita: Caino vagò errante in altri territori ed aveva paura di essere ucciso, ma da chi? se non era ancora popolata la terra chi poteva ucciderlo? tanto che Dio per proteggerlo mise una taglia o maledizione su chi avesse toccato Caino. Poi col tempo Caino appare con un grande popolo, ma con chi lo fece? con chi si accoppiò? Credo che la monogenesi faccia acqua da tutte le parti, mentre la poligenesi è molto più fattibile e naturale, così come spuntano funghi di diverse specie in diversi boschi del pianeta, lo stesso poteva benissimo accadere con la razza umana. 
   Il problema  della monogenesi poi fermenta il razzismo: Il razzismo si fonda sulla credenza che esistano in natura razze superiori, degne di sottomettere altre razze giudicate inferiori, mentre la razza bianca crede di essere quella originale. In sintesi, gli europei che credevano nel monogenismo biblico non potevano realmente individuare popoli inferiori e popoli superiori perché tutta l'umanità era figlia degli stessi genitori.
   Il poligenismo invece, sostenendo la pluralità dei progenitori, incoraggiava gli antropologi del settecento ad individuare razze elette, generate da uomini eccellenti e superiori, e razze infime, infette, generate da individui pessimi come Caino, noto fratricida. Il poligenismo poteva inoltre giustificare la necessità da parte dell'uomo bianco di sottomettere ed "educare" le razze inferiori, e soprattutto segregarle, in modo che con il loro sangue corrotto non infettassero la purezza della stirpe bianca. Purtroppo, come spesso succede nella storia, le voci più tolleranti e moderate in questo campo non furono ascoltate, e l'Europa si accinse a compiere genocidi e persecuzioni, in nome di un'assurda pretesa di superiorità. Dunque sia la religione con la monogenesi che la scienza con la poligenesi sono andate a finire nello stesso sbaglio: la ricerca del potere e la primazia della razza unica e pura inceppandosi nel razzismo. 

LILITH 
UNA SPINA TRA LE COSTOLE DI ADAMO
Lilith non fu fatta dalle costole di Adamo ma fatta proprio come lui dalla polvere, lei si sentiva alla pari e fu così che, secondo il racconto del Yalqut Reubeni, non accettava di essere sottomessa a lui (nel racconto si parla persino che durante i rapporti sessuali lei non gradiva che doveva stare sotto di lui - classica posizione del missionario - lei voleva essere anche attiva, ma Adamo come tanti maschilisti non gradisce che la sua donna sua molto disinibita sessualmente, visione moralista erronea, ecco perchè poi sono attratti dall'amante che fa sesso sfrenato mentre la moglie deve fare solo la madonnina). Fu così come Lilith prese la decisione di abbandonare l'Eden di espontanea libertà. Ma da dove viene questa figura mitologia? 
Lilith è una leggenda mesopotamica che gli ebrei adottarono quando furono deportati a Babilonia. L'origine della leggenda che presenta Lilith come la prima donna si trova in un'interpretazione rabbinica della Genesi ma non è scritta nella Bibbia. L'unica menzione nella Bibbia di una tale creatura appare in Isaia 34:14: “I gatti selvatici si raduneranno con le iene e un satiro chiamerà un altro; Anche Lilith vi riposerà e in essa troverà riposo” ma in ebraico il termine Lilith è לילית è uguale al suono della parola ליל, laila, 'notte' ed è per questo che in molte Bibbie lo traducono come “creatura notturna” o “gufo”. In molti testi rabbinici viene narrata la storia di Lilith, ma il più antico è il Poema di Gilgames, Tavola XII, narrazione epica accadica di poemi sumeri del 2100 a.C. Dai sumeri poi passa ai babilonesi e si converte in un Demone ribelle. Lilith è talvolta considerata una dea dell'oscurità o un demone malvagio, Lilu. Nei nomi di questa famiglia di demoni compare la parola lil, che significa 'vento', 'aria' o 'spirito'.
La Zohar ebraica dice che aveva una sorella Inanna che è la stessa Dea sumera Ištar la regina dell'oltretomba. Dio fece poi Eva per sostituire Lilith, ma si dice che Adamo resto per smepre innamorato di Lilith e la sua sicurezza, ribellione, indipendenza e forza (è l'attrazione psichica che gli uomini hanno per le amanti, le prostitute, per le donne proibite, quel tipo di donna che tocca l'istinto animale senza immischiarsi con la dignità dell'anima). 

DIVENTIAMO INFANTILI NON PUERILI
Gesù ammoniva che se non fossimo diventati come i bambini non saremmo entrati nel regno dei cieli. Lo stato infantile a cui si riferiva era quella capacità che hanno solo i bambini di vivere il momento presente, la loro fiducia totale, la loro innocenza, il loro potere di cogliere il senso (non il significato razionale) del simbolo. Per i poeti, gli artisti, i sognatori non è difficile vedere l'eterno in un fiore, hanno un anima da bambini, valo lo stesso per gli innamorati e i folli. Il razionalismo degrada disprezza ed abolisce le fiabe e i miti, ma come dice l'adagio comune: "il Kantismo e il pragmatismo hanno sì le mani pulite, perchè se le sono tagliate". Non diciamo di diventare puerili e cioè dei creduloni, ma di acquistare quella sana capacità di cogliere nel mito l'essenza della verità eterna. Tornare a rileggere ed analizzare il racconto di Adamo ed Eva ci immette in un mondo onirico, una preistoria psichica, anche rischiosa come vedremo tra poco, ma necessario per fuggire da questo giardino che sarebbe diventato una trappola immaginaria. Perchè? ... L'Eden è come la vita virtuale, è un illusione, la realtà sta fuori, oltre le mura del paradiso, c'è più spazio, il vero confronto. Jung l'aveva analizzato splendidamente nel suo libro "l'uomo e i suoi simboli" quando dice: "Il mondo comunista, bisogna riconoscerlo, ha un grande mito (che noi chiamiamo un'illusione, nella vana speranza che il nostro superiore giudizio valga a farlo scomparire). Si tratta dell'antichissimo sogno archetipico di un'Età dell'Oro (o Paradiso), dove ci sarà abbondanza di tutto per tutti e grandi, giuste e sagge leggi a regolare una specie di giardino d'infanzia del genere umano. Questo potente archetipo nella sua versione infantile si è impadronito di loro, ma esso non scomparirà mai dal mondo alla semplice vista della nostra superiore civiltà. Anzi, noi ce lo trasciniamo dietro fin dalla fanciullezza poiché la civiltà occidentale è prigioniera della stessa mitologia. Inconsciamente noi nutriamo i medesimi pregiudizi, le medesime speranze, le medesime attese. Anche noi crediamo in una civiltà del benessere, nella pace universale, nell'eguaglianza degli uomini, nei suoi eterni diritti umani, nella giustizia, nella verità e (ma non diciamolo troppo ad alta voce) nel Regno di Dio sulla terra".  


RICERCHE PARADISIACHE
Fate caso, già quando i nostri genitori hanno arredato la stanza del neonato hanno cercato di farne un piccolo paradiso; e quando immaginiamo farci una casa nostra? ugualmente la vorremmo in un luogo tranquilo, vicino al mare o almeno con la piscina, giardini, animali e via dicendo. E quando andiamo in vacanze possibilmente un luogo da sogno ed infine se troviamo un partner speriamo che ci faccia sentire in paradiso, un Adamo o una Eva che ci faccia dimenticare che esistono altri esseri viventi sulla terra. Il paradiso è un riflesso della nostra infanzia oltre che della nostra fusione intrauterina. Se leggiamo il brano con attenzione, ci accorgiamo che in esso si trovano continui richiami al mondo incantato ed illusorio dell’infanzia. Ci sentiamo protetti, al sicuro, gli animali sono nostri amici, ogni necessità è soddisfatta. C'è innocenza e trasparenza quindi niente morbosità nè malizia per cui siamo nudi, un contatto diretto con la natura. Ci sentiamo accettati, non criticati, niente vergogna. Dio nell'Eden è premuroso, ha lavorato sodo per arredare questo resort ad infinite stelle. Come ogni bambino che si sente al centro dell'attenzione e servito da tutti, è uno stato divino, ci sentiamo degli dei. Ma come diceva prima Jung, questo stato potrebbe diventare una fissazione psichica, un illusione, un falso traguardo se non affrontiamo tre semplici cose che ci sono anche nel giardino e di cui, presi dal piacere, l'euforia e la felicità, non diamo il giusto peso: 
1. Il giardino va curato e lavorato: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gen 2,15). Ma a noi piace solo il divertimento, non ci piace lavorare, se mi devo rilassare mi scoccio nel dover custodire. Noi abbiamo l'idea che se ho un paradiso, dovrei avere anche i domestici e i giardinieri. Ci piace la felicità ma non facciamo il dovuto per averla, ci piace la vita spirituale ma non meditiamo, curiamo poco la testa per dargli cultura e il cuore per seminarvi valori e quelli sono i nostri giardini interiori; ci piace una vita di coppia passionale complice e fedele ma spesso trascuriamo il compagno, lasciamo che sia l'altro a lavorare e custodire tutto e prendiamo per scontato che ci deve amare ed essere fedele, ma noi? coltiviamo il nostro compagno, lo curiamo, lo custodiamo?
2. C'è una legge, un divieto, che sarà il più grande malinteso dogmatico della storia cristiana: "...dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare" Gen 2,16 , ma come vedremo più avanti Adamo ed Eva non presero mai da quell'albero come crebbero e come credette persino Dio, ingannati tutti dal Serpente. 
3. Esiste il male e fa parte del Paradiso: c'era anche un serpente in giardino, come mai? Perchè il Dio premuroso non mise all'erta i suoi figlioli dal pericolo incombente? quale genitori resta in silenzio di fronte ad una trappola mortale per i suoi figlioli? 
Torneremo su ogni punto al tempo dovuto attraverso il racconto perchè sono domande esistenzialiste che merita la dovuta e doverosa risposta.


L'ALTRA FACCIA DEL DIO CREATORE
Nella Bibbia ci sono 2 racconti della creazione del mondo e sono molto diversi tra di loro. Nel primo racconto (Gen 1-2,4) la struttura del testo è molto letteraria, artistica, sembra una liturgia ebdomadaria ( e dio disse... primo giorno, e Dio disse... secondo giorno.. e Dio disse... terzo giorno... ecc), sembra una litania ben ricamata, quasi poetica, quindi elaborata, ha uno stile intellettuale, ricercato, fine,  più sobrio e più piatto, una morale più esigente, infatti la si chiama fonte Elohista. Il secondo racconto invece (Gen 2,4-25 e capitolo 3) è un racconto popolare, quasi fiabesco, una storia didattica, lo stile è semplice e diretto, vivace, colorito, pieno di immagini quasi oniriche quindi archetipiche e simboliche, molto vicino al mondo della psicanalisi ed è conosciuto come la fonte yahvista. Il Dio del primo racconto però è un Dio distante, burocratico, sembra un politico, disse e le cose si compiono quindi comanda, mentre il Dio del secondo racconto non disse ma fa le cose, si mette al lavoro, zappa il giardino, agisce, è pratico non teorico come il primo. Mentre il Dio del primo racconto vien chiamato per il Suo titolo Divino (Dio), il secondo viene chiamato con un nome (Yahve) quindi è un contatto più personale, meno mediatico e burocratico come il primo, questo fa sì che il primo Dio sia molto invisibile, religioso politico, mentre il secondo si presenta alla mano, in mezzo a noi, laico. Il primo molto regale quindi autoritario, comanda, il secondo molto autorevole, domanda. Il primo incute paura mentre il secondo incute sicurezza e fiducia. Una lettura attenta non può non cogliere questa diversità tra il Dio dell'elite religiosa, dei potenti, dei ricchi, degli intellettuali e il Dio dei poveri, del popolo, dei racconti della nonna. Il primo è un Dio capo, il boss, il secondo un leader, un Amico. Il primo racconto inizia in maniera statica "in Principio Dio" , invece il secondo è dinamico "Quando Dio". Il primo racconto dice che Dio "creò" invece il secondo dice che Dio "fece" cioè il primo crea dal nulla, come un mago, con la sola parola, il secondo sgobba sodo facendo le cose con le proprie mani. In poche parole il primo è un Dio divino il secondo è un Dio molto umano. Un dettaglio meraviglioso. Il primo Dio crea prima il cielo e poi la terra (prima casa sua) il vece il secondo crea prima la terra e poi il cielo (più altruista). Lo yahvista capovolge l'ottica di un Dio molto diverso, con una sensibilità davvero miracolosa, un Dio che persino come vedremo scende a compromessi, sbaglia, si pente, viene ingannato, tutte ragione per cui, come ci insegnerà poi anche Gesù, è un Dio più vero, più naturale, meno idealizzato, meno immaginario ed astratto. 


IL DIO SCULTORE
In questo racconto della Genesi Dio fa diversi mestieri, come abbiamo detto prima non è il politico che dice o comanda, non è il Dio che crea in maniera taumaturgica con la parola, ma è un Dio che "fece" quindi lavora. Prima fa il contadino, pianta un giardino quindi zappa, tocca la terra dura. La terra però è arida, deserta, non germogliata. L'acqua ben sì sa è simbolo di vita, ma precisa il testo: " perché Yahve Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo" (Gen 2,5), la terra quindi senza l'acqua è sterile, questo sta a significa l'uomo senza Dio non è divino, non ha trascendenza. E' allora che Dio diventa scultore: "allora Yahve Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo" (Gen 2,7); facciamo attenzione, non dice terra ma polvere, perchè la polvere è simbolo di NULLA, il nulla è la nostra essenza materiale come lo è il Vuoto per l'essenza di Dio. Un Dio che plasma, cioè un Dio che si sporca le mani con la sua creatura, che lascia su di noi le sue impronte, la sua forza, le sue carezze. Ma la polvere come si può modellare? Il racconto è un vero ricamo letterario, sembra un conto al rovescio:
4 volte viene nominata la terra
3 volte si parla del suolo arido
2 volte si mette in risalto i campi incolti
1 volta prende della polvere
0 zero pioggia .... 
a quel punto Dio soffia ed appare l'uomo: "e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Gen 2,7). Su questo soffio (spirito, anima, fiamma, fuoco, energia) torneremo, adesso rimaniamo sul fatto che questa creatura viene messa al centro della creazione: "Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato" (Gen 2,8) Mentre il primo racconto mette l'uomo al vertice l'ultimo giorno questo lo mette al centro già dal primo giorno come la prima creatura, anzi soltanto dopo la creazione dell'uomo la terra ha un senso e germoglia: " Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare" (Gen 2,9). Gesù nel vangelo era ancora più intimo: aggiungeva alla polvera la sua saliva. Questo racconto è una vera poesia! 



L'ALBERO SACRO
Il racconto prosegue così: "Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male" (Gen 2,9) Dunque, due erano gli alberi, ma facciamo attenzione ad un particolare di massima importanza: qual era l'albero in mezzo al giardino? quello della vita e poi, qual era l'albero di cui mangiarono Adamo ed Eva? tutti rispondo della conoscenza del bene e del male... sbagliato, qui giace l'errore teologico, dogmatico e dottrinale più assurdo, pazzesco, magistrale ed immenso di tutto il cristianesimo. Andate a leggere con attenzione il capitolo 3 della Genesi e scoprirete che Eva parlava dell'albero del mezzo quindi quello della vita. A suo tempo spiegheremo questo qui pro quo madornale. 
L'albero della vita è un elemento ricorrente in svariate religioni, mitologie e filosofie. Viene talvolta associato al più generico termine di albero sacro. La quercia celtica è l'albero sacro, in druido significa "porta" quindi un portale che dà accesso ad altre dimensioni. All'albero sacro nordico Yggdrasil si dice che è attorcigliato alla radice dal serpente cosmico Níðhöggr. 
Curiosità: Tutti sanno che il sistema divinatorio Nordico è costituito dalle Rune, 24 simboli incisi su ossicini, bastoncini, pietre ecc. e lanciati. Come si sa, le rune sono lettere di un alfabeto sacro. Si ritiene che le Rune siano state ritrovate nei pressi di Yggdrasil da Odino o create dalle Norne.
Molti sanno che anche l’ebraico possiede un alfabeto sacro formato da 22 lettere, che corrispondono ai 22 sentieri dell’albero cosmico o cabalistico. E quanti sono gli arcani del Tarot? 22 e con questi i cabalisti leggono lo stato dell'anima. 
L'albero della vita collega con le radici la terra con gli inferi e la sua chioma con il cielo, ma è anche simbolo di collegamento con tutta la discendenza (albero genealogico) umana. L'albero è simbolo di nascita, crescita, forza ed immortalità che dona i suoi frutti. 



IL SOFFIO DI VITA
Il racconto prosegue: "allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Gen 2,7). La polvere è la parte più sottile della terra, la parte più inconsistente ed effimera, soffiarla e come farla scomparire, in quel soffio (come quando un bambino soffia un fior di dente di leone con la gioia che si avveri un desiderio) Dio immette la sua anima nell'essere umano. Ma cos'è in verità questo soffio vitale? Fa parte della descrizione simbolica della concezione antica semitica che vede l'uomo costituito da 3 elementi: 
1. Il corpo (basar)
2. La personalità o carattere (nefesh)
3. Il principio vitale (ruah)
Si noti la distinzione: per i semiti l'uomo è corpo, è carattere è spirito vivo, mentre per i greci (sotto l'influenza platonica) l'uomo ha un corpo, ha un carattere, ha un anima, come se queste cose fossero aggiunte alla sua vera natura (accessori?), qualcosa che si ha non che si è. 

I greci davano più enfasi o peso all'idea che l'anima come qualcosa che hai, non qualcosa che sei, quindi non lo senti ma la ragioni, la pensi o la analizzi. Questo tipo di approccio porta alla divisione tra dire e fare, tra teoria e pratica, tra pensare e sentire, il classico dualismo platonico, mentre la realtà, anche se è duale, è distinta ma unita, mai divisa. Ora soffermiamoci un attimo proprio sul termine Ruah = principio vitale, il soffio di vita che Dio mise nelle narici di Adamo.

Ruàh è quel termine che corrisponde al greco pneuma. Per l'ebreo la ruah è «aria in movimento» , cioè è quella caratteristica che ci anima, che ci fa vivere, che ci fa sentire, amare, volere, sono i nostri impulsi, desideri, pensieri in atto, mai ha a che fare con qualcosa di materia e per di più in ebraico è un sostantivo femminile, per ciò quando si dice che Dio crea con lo spirito ci indica il suo ventre, il suo utero, la parte materna e femminile, Yin, passiva, mentre la Parola (logos, verbo) è quella maschile, Yang, attiva. Questo indica l’identità duale del Creatore: 
Padre della creazione e Madre della Natura. 
Se traducessero fedelmente Ruah al femenile sarebbe comprensibile la trinita: Padre, Madre e Figlio invece aver tradotto Ruah al maschle: lo Spirito Santo crea Una trinità tutta al maschile e si perde la bellazza dell'unione nel e del duale. 
Il Pneuma invece è soltanto come un aria che ci riempie (si pensi al pneumatico: finchè la gomma è piena gira, quando il palloncino si buca perde la sua pneuma, si sgonfia, non ha aria o anima, muore), di fatto quando una persona muore non respira più ed ecco che molti identificano simbolicamente l'anima con l'aria, il respiro. Ma c'è dell'altro: l'ultima cosa che perdiamo quindi nella morte è il respiro, ma è anche la prima che acquistiamo quando si nasce, il neonato subito respira quindi è indipendente dalla madre ecco cosa ci dona Dio, cosa significa quel soffio: l'Autonomia, nasciamo liberi, indipendenti, creatori della nostra stessa vita, ma siamo Dipendenti da questa Indipendenza, è un dono divino a cui essere grati e quindi fedeli. Molti traducono al posto di alito di vita o soffio vitale con "auto coscienza" "facoltà conoscitiva e volitiva" cioè l'anima o spirito che vivifica il corpo. Ricordiamo un altro evento biblico: "Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi" (Atti degli apostoli 2,1-4). Ecco un altro alito di vita che mette tutti d'accordo, è l'ispirazione divina, mentre parlare in lingue diverse e comprendersi era l'aspirazione umana di Babilonia. 
Dio quindi soffia la polvere, siamo esseri dispersi, in Isaia (2,22) troviamo lo stesso termine "nesham" tradotto come "fragilità umana", pur essendo una qualità divina è proprio questa che ci rende vulnerabili. Nel libro dei proverbi dice: "Lo Spirito dell'uomo è una scintilla di Yahve" (Pv 20,27). Con la parola scintilla intuiamo anche luce donde anche poi successivamente Energia. 

IL GIARDINO DELL'EDEN
L'Eden è il luogo dove fu piantato il paradiso terrestre nella Genesi biblica. In persiano significa "Steppa arida e deserta", quindi avere un giardino verdeggiante con acqua, ombra ed animali esotici in mezzo al deserto era come avere soldi in mezzo alla povertà, era un immagine contrastante, potente. L'Eden per eccellenza nel mondo antico infatti erano i giardini pensili di Babilonia, un immagine paradisiaca del medio oriente. Immaginate dei genitori che preparano la stanza per un neonato: arredamenti, luci, pareti e carte di colori, ecc.. un questo modo si presenta Dio che prepara un giardino per mettervi l'essere umano, come canta il salmista: "Signore, che cos'è un uomo perchè te ne curi? un figlio d'uomo perchè te ne dia pensiero? " (Ps 144,3).
In maniera allegorica possiamo dire che l'Eden è il deserto della nostra dimensione materiale, corporea, mentre la nostra anima è quell'angolino piantato dentro di noi dove avviene l'incontro con l'Eterno. Il Paradiso non è altro che il Dio che dimora in noi. Giardino è un termine che deriva da una radice indogermanica: Gart o Hart (donde heart inglese = cuore), con il significato di "cingere, circondare", il suo fascino è poter avere in un luogo pur piccolo il compendio in miniatura di tutta la natura: acqua come il mare, alberi come i boschi, fiori come i prati, frutti come campi, ecc... di fatti già dall'antichità avere un giardino era un privilegio di nobili sultani faraoni e ricchi. A livello archetipo e simbolico il giardino sta ad indicare il nostro cuore dove se ben coltivato e maturo vi giace il compendio della natura spirituale: la pace e la felicità. E' ovvio che in questo giardino vi sia quindi l'albero della vita, della conoscenza, della consapevolezza ma anche del male qualora fosse distrutto. Il giardino in senso sacro perciò acquista le sembianze del paradiso: Nel giardino islamico è reinterpretato l’antico simbolismo dei quattro elementi: il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra. La Bibbia, nella Genesi, cita un giardino che si divide in quattro rami, così come nell'iconografia buddista viene utilizzata la rappresentazione di un fiume che si dirama in quattro parti, simboleggiando fertilità ed eternità. La Bibbia ha altre citazione, ma una in particolare risalta lo splendore di questo giardino: "In Eden, Giardino di Dio, tu eri coperto di ogni pietra preziosa, preparato nel giorno in cui fosti creato" (Ez 28,13)


L'ORIENTE
La parola oriente ha un simbolo: il sorgere del sole, quindi è guardare verso la luce, la ricerca della conoscenza, la nascita all'alba di una vita nuova ogni giorno. Infatti la parola orientarsi significa proprio quello: trovare un senso, avere le idee chiare, i sentimenti in ordine. Dove si trovava il giardino dell'Eden? lo dice il testo proseguendo: "Dio il SIGNORE piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato" (Gen 2,8). Per capire bene l'immagine di questo Oriente e di questo giardino dobbiamo fare mente locale: il libro della Genesi secondo i manoscritti trovati fu opera di autori ignoti, è collocata al VI-V secolo a.C. in Giudea, sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte. Invece la liberazione degli ebrei dall'Egitto avvenne  attorno al 1800-1700 a.C. Avete capito cosa vuol dire? la Genesi è una rielaborazione posteriore all'esperienza della liberazione (è stata scritta molti secoli dopo), loro prima fanno esperienza e poi si spiegano cosa sia successo non il contrario. Loro non avevano una mentalità di giornalisti, non scrivevano nei taccuini nè registravano nelle video camere gli avvenimenti man mano che succedevano, questa è una nostra visione e se interpretiamo con questa visuale perdiamo di vista l'essenza del messaggio: la terra di Canaan è ad oriente dall'Egitto, Dio vi piantò un giardino in una terra piena di frutti: "Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male" (Gen 2,9). E qui entriamo in uno dei noccioli della questione, i due alberi interdetti e fatidici. Tutto splende di bellezza in quel giardino, ma c'è un però... la legge, il divieto, se c'è un patto ed un'alleanza, Dio Amore dà ma chiede anche Fedeltà.

ASCESA E DISCESA 
Il racconto del giardino dell'Eden è un ricamo ben teso ed inteso, elaborato in una maniera strutturale ben precisa, come lo mostra il disegno grafico: Alla base c'è Dio solo senza la creazione è assoluto, ma l'assoluto ha bisogno del relativo per reggersi, così come il Creatore non sarebbe tale senza una creazione e Dio non sarebbe tale senza chi lo adorasse. 
In cima alla creazione invece c'è l'essere Umano ma senza Dio è solo, è un Nulla. 
Da una parte Dio pianta il giardino, ma alla fine lo chiude.
Così come mise l'uomo nel giardino poi lo espelle e lo manda via.
Prima dà il divieto dell'albero della conoscenza, dopo vieta l'albero della vita.
Crea la donna nuda, dopo la caduta la donne è vestita.
Dopo il peccato il senso di colpa. 
Sono 12 passaggi, le 12 fatiche di Ercole in senso mitologico, è un ciclo psichico che tutti noi nella vita prima o poi viviamo, salita e discesa, alti e bassi, nascite e morte interiori. La metà di 12 è 6 e come vedete nel grafico è quando l'uomo dopo il peccato si trova solo con se stesso, crede di essere all'apice invece è nel vuoto totale pronto alla discesa. 


I QUATTRO FIUMI DEL PARADISO
Ma cosa c'è a monte sotto questo giardino? l'acqua, un elemento che appare in tutte le tradizioni, teogonie e culture come l'inizio, il grembo, la fonte, la sorgente. Quest'acqua sorge al centro, dall'albero della vita, ma ricordiamo che anche noi mentre eravamo nel grembo materno eravamo dentro l'acqua, nel liquido amniotico. Il racconto prosegue: 
"Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, e di là si divideva in quattro bracci" (Gen 2,10). Il numero è simbolico, il 4 sta per la totalità cosmica nella sua completezza perchè 4 sono i punti cardinali (nord, sud est, ovest) 4 sono le stagioni (inverno, primavera, estate, autunno), 4 sono i venti principali (ostro, tramontana, ponente e lavate), 4 le fasi lunari (piena, crescente, nuova e calante), 4 gli elementi (acqua, fuoco, terra ed aria) e 4 le qualità di questi (umido, secco, caldo e freddo), 4 sono anche i nostri temperamenti caratteriali (collerico, flemmatico, sanguigno, malinconico). I nomi di questi 4 fiumi erano: Pison, Ghion, Tigri ed Eufrate. I primi due fiumi dal nome non sono riconosciuti ma ben sappiamo che nel mondo antico esistevamo ben 4 maestosi fiumi: Gange, Nilo, Tigri ed Eufrate. Del primo fiumi si distaccano le ricchezze, del secondo la fertilità che dà alla terra, il terzo significa la velocità e il quarto che attraversa Babilonia era segno di libertà, donde il grande fiume. 
I cabalisti hanno visto poi in questa simbologia dei fiumi e del nome di Adam un significato della totalità del cosmo:
ADAM
A  - Alfa  - Anatolè = Est
D - Delta - Dysis = Ovest
A - Alfa - Arktos = Nord
M - Mu - Mesembria = Sud 



PELLEGRINI DELL'ASSOLUTO
Il paradiso che ci è stato tramandato è un luogo celeste, perfetto, colmo di ogni grazia, dove avrai tutto quello che ti è stato negato, senza dolore nè sofferenza. Se poi pensiamo al paradiso che offrono ai musulmani (maschi) è davvero un orgia: saranno superdotati, pene sempre eretto, la moglie diventerà sempre vergine e avrà in aggiunta 72 vergini con dei seni "cresciuti", "gonfi" o "a forma di pera". Al contrario, le donne avranno un solo uomo, e "saranno soddisfatte con lui". A me questo sembra davvero un desidero sessuale represo, ecco perchè noi progettiamo in quel paradiso tutte le nostre delusioni da smaltire. La Bibbia è molto chiara peccato che non è stata spiegata in maniera altrettanto chiara: innanzitutto il Paradiso è terrestre non celeste, il giardino che Dio piantò fu qui sulla terra. Poi noi non siamo fatti per vivere in quel giardino,  siamo stati plasmati dalla terra, non siamo angeli e alla terra torneremo, infatti una volta espulsi dal giardino dice la scrittura: "Dio lo scacciò dall'Eden, perchè lavorasse il suo da dove era stato tratto" (Gen 3, 23). Noi nell'Eden eravamo soltanto ospiti, stranieri, noi siamo quello: pellegrini dell'Assoluto, mendicanti dell'Eterno. Molti si costruiscono questi paradiso perchè non vogliono tornare alle loro origini: la polvere, il nulla. 
Il testo ebraico è molto più preciso, dice "Dio rapì l'uomo e lo pose nell'Eden" (Gen 2,15) Il verbo in questione è "RAPIRE" , cosa vuol dire? Rapire significa prendere qualcosa e metterlo in un posto che non è il suo, dunque l'essere umano nel giardino era stato rapinato, sequestrato, isolato, nascosto. Ripeto, noi siamo umani non siamo angeli, la nostra natura è fisica non celeste, per cui il paradiso etereo e celeste non ci appartiene, lì saremo in carcere. Ma avendo una parte materiale (Eden, suolo arido) dentro abbiamo un giardino (Spirito, anima). Le persone fanno fatica ad entrare dentro la loro psiche, dentro il loro cuore, nel loro inconscio, per questo ci vuole spesso un rapimento. Spesso sentiamo dire: "mi hai rapito il cuore" "ero rapito da molti pensieri". Quando noi abbiamo un esperienza FUORI dal comune a livello emotivo o razionale, diciamo "estasi" che significa ex = fuori stare= essere cioè essere fuori, infatti quando siamo in estasi siamo come rapiti. La vita spirituale, interiore, psichica è un rapimento, è un andare fuori (dentro di noi) in un altra dimensione (Paradiso). Diciamo in modo paradossale che c'è una dimensione dentro di noi che è un portale per quella che è fuori di noi: cerchiamo fuori l'assoluto invece ci si annida dentro. Noi siamo un isola nel mare dell'esistenza, ma la divinità in noi è come un lago: un isola d'acqua dentro la nostra materialità.
La nostra patria è sempre altrove, l'esilio la nostra patria, siamo dei pellegrini dell'Assoluto.
Ma mentre Adamo fu fatto fuori dall'Eden Eva invece proviene dal paradiso, uomo e donna pur uguali in natura resteranno nella psiche molto diversi come vedremo. 


ADAMO ED EVA
Due nomi che sono una leggenda, la prima storia d'amore umana secondo la Bibbia, progenitori dell'umanità. Dedichiamo però un post al significato dei loro nomi. 
Nei testi aramaici ed ebraici le parole Adamo ed Eva più che nomi si addicono piuttosto a personificazioni allegoriche o simboliche. Quando si legge che "Dio plasmò l'UOMO (Adam) con polvere dal SUOLO (Eva)" (Gen 2,7) dovremmo scrivere meglio così: " Diò plasmò il TERRESTRE con la polvere delle FONDAMENTA". Adesso sostituiamo il versetto con i nomi: "Dio plasmò Adamo con la polvere di Eva" Ecco qui cambia tutto il significato: l'uomo nasce dalla donna e non la donna dalla costola di Adamo come di solito si intende.
Eva in ebraico significa VITA (chavah) ma in realtà prima che lei ricevesse questo nome ne aveva un altro: Adama. La parola ebraica adam, «uomo», presenta infatti la stessa radice della parola ebraica adamà, «terra», dovremmo quindi tradurre quel verso così: "Dio plamò l'umanità dalla terra", Adamo viene da Adama (ish da ishah). 
In tutte le lingue c'è questo abbinamento tra il maschile e il femminile, per esempio:
Carlo - Carla
Mario - Maria
Silvio - Silvia
gatto - gatta
passero - passera

In ebraico si dice: 
Ish (uomo) - Ishah (uoma vale a dire donna)
ovviamente in molte lingue non si può tradurre, appunto come 
Adamo - Adama
Evo - Eva
ma questa assonanza indica una relazione essenziale: 
sia per origine che per finalità, la donna costituisce una unità con l'uomo. 
Se invece pensiamo a Dio come una nostra dimensione interiore che ha quindi in se stesso la dualità intrinseca della natura, Adamo sta per la nostra dimensione Yang ed Eva per quella Yin. Adamo è la nostra logica, Eva il nostro sentimento; Adamo la testa, Eva il cuore; Adamo l'intuito, Eva l'istinto; Adamo l'intelletto, Eva la volontà; Adamo il sapere, Eva il sapore o comprensione; Adamo il maschile (animus junghiano), Eva il femmineo (anima junghiana); Adamo l'attivo, Eva la passiva; Adamo il sociale, Eva la familiare; Adamo l'Etica, Eva l'Estetica e così via, ecc... ecc... In una sola parola: Adamo il divino ed Eva la sua divinità. 

ADAMO ED EVA 
Gli antichi usano un linguaggio fatto di simboli, come le fiabe per i bambini, ma in realtà è anche esoterico. Basta dare ad una donna un fiore (senza spiegazioni verbali) per farle capire che ti piace che la vorresti, che lei per te è un profumo, un nettare da succhiare; se poi pensate che il fiore è l'organo sessuale della piante, con un fiore state dicendo anche a quella donna: mi dono a te, mi vuoi? 
Adamo ed Eva che cos'è? è un mito, è un codice, una verità rinchiusa in simboli, archetipi. Tante sono le porte che si aprono con questi due nomi. Ma apriamo soltanto per ora quella psicanalitica: Adamo è la parte attiva e Yang del nostro cervello, quella a sinistra, mentre Eva è quella passiva e Yin. I mistici ebraici non a caso chiamano il cervello col nome "mochin", vale a dire "i cervelli", quindi più di uno. Nella terminologia della Cabalà si tratta di Chokhmà (Sapienza) e Binà (Intelligenza) e cioè le prime due Sephirot che trovate nell'albero della vita, in alto a sinistra ed a destra. 
La parte Yin, a destra, è la capacità di concepire idee complesse ed elevate, racchiuse in un singolo lampo di genio, in un piccolo punto di intuizione. Si tratta di una facoltà al di sopra della logica, una facoltà per la quale il simbolo, il mito, il paradosso, l'enigma, il lato artistico e romantico di una data situazione, sono pane quotidiano (io la chiamo la campagna, la melodia della canzone).
La parte Yang risiede a sinistra, e costituisce la capacità di afferrare il lampo di Yin Chokhmà (che altrimenti lascerebbe rapidamente la consapevolezza) e di dargli forma e concretezza, spiegandolo ed analizzandolo secondo concetti logici (io la chiamo la Città, il testo della canzone). 
Grazie a Binà, le rivelazioni di Chokhmà vengono assimilate dall'intelletto, trasmesse e comunicate, trasformate in progetti pratici e concreti. Binà è raziocinio, linguaggio, rigorosità e senso pratico. In molte persone Adamo ed Eva sono divorziati, non vano d'accordo, lei parla col serpente e lui non lo sa: o troppo rudi o troppo deboli, o sono arroganti e privi di sentimenti oppure mielosi malinconici e privi di coraggio. Chi ha un carattere troppo Yang (maschile, duro) e chi troppo Yin (femminile, fragile). L'ideale sarebbe che queste due parti andassero d'accordo: essere un uomo forte deciso (Yang) ma sensibile e saper piangere all'occorrenza (yin), oppure essere una donna dolce, delicata (Yin) ma saper essere decisa ed intraprendente quando ci vuole (Yang). Dunque equilibrio. Vi faccio un esempio chiarificante: a volte ricordate il testo di una canzone ma non la melodia, in quel caso perchè avete un cervello Yang più attivo; altre persone invece ricordano la melodia ma non viene in mente il testo, ecco il cervello Yin in azione; nel primo s'imprime più facilmente la logica e nel secondo la sensibilità. 
Gli arcani (per chi usa i Tarot) ci aiuteranno a raggiungere questo equilibrio: magari il nostro Mago è soltanto cervellotico, analitico e razionale (troppo Yang) gli manca essere un po Matto e cioè spensierato, sensibile, avventuriero, sognatore... ecc.... Però per conciliare Adamo ed Eva dentro di noi ci vuole una terza via, un terzo cervello che concili i lati opposti, nella Kabbalah è la colonna centrale: La consapevolezza, chiamato Da'at, o Conoscenza unificante (nell'albero della vita è il punto Invisibile nella colonna centrale), capace di unificare pensiero ed emozione, cuore e cervello.


UN PARADISO DA MANTENERE PARADISIACO
Quando si pensa al paradiso ci viene in mente un luogo di riposo, niente da fare, tutto ormai è perfetto, semmai ci saranno dei servi o domestici a nostra disposizione, come quei luoghi di vacanza lussuosi, ma ... invece ...  però ... il racconto precisa che " Lo Yahve Elohim prese l'Adam e lo pose dentro il Gan Eden (luogo recintato) perchè lo coltivasse e lo custodisse" (Gen 2,15) dunque più che un eletto sembra un lavoratore di un tale giardino, come tanti custodi di ville dei ricchi dei nostri tempi moderni. Dio si comporta quindi come un genitore che chiede al figlio di tenere in ordine la propria stanza. Il giardino è quella nostra dimensione interiore che va custodita e coltivata, le profondità dello spirito non vengono da sole mai e poi mai, il lavoro fa parte dell'essere creatori, anche Gesù lo disse: "Il mio padre opera sempre ed anch'io opero" (Gv 5,17).  Dunque la creazione non è un qualcosa di finito o perfetto, ma da rifinire, da perfezionare, non siamo nati santi o perfetti anzi siamo sempre in via di crescita. Questo aspetto vale per qualsiasi dimensione della nostra vista: l'amore non nasce perfetto, va coltivato, custodito, lo stesso la conoscenza, i rapporti umani. Esiste quindi una visione del mondo creato perfetto che va rivalutata in maniera altrettanto più perfetta. Se l'uomo fosse stato creato perfetto non si spiegherebbe con quanta debolezza cede alla prima tentazione, se fosse perfetto non avrebbe neppure avuto il merito di essere perfetto, questa concezione teologia è una illusione molto lontana dalla realtà. Una cosa perfetta è anche finita, non avrebbe più una trascendenza, un dinamismo, tutto sarebbe finito, colmato, estatico e questo non fa parte dell'equilibrio, della dualità di cui è conformata l'essenza della natura. Il giardino quindi è e sarà sempre da coltivare e da custodire perchè nell'eternità tutto è dinamismo e trascendenza senza fine e in questo radica la gioia che non finisce mai. Un Paradiso fatto di gente perfetta sarebbe cupo, statue da scaffale, tutto prevedibile e scontato, una noia mortale, anzi direi un vero inferno. 
L'essere umano è una sintesi tra il finito che ci determina e l'infinito che ci tormenta: Se fossimo soltanto finiti, come le pietre, le montagne, l'acqua, non potremmo auto concepirci ( se non esiste l'infinito come fai a concepirlo, se lo concepisci e non lo sei allora ne sei una conseguenza quindi) se fossimo invece l'infinito saremo Dio, ma non corriamo, infatti per questo sarà espulso l'essere umano dall'Eden perchè non sia che mangiando dell'albero della vita "viva per sempre" (Gen 3,22)
Noi siamo essere INFINITI nel FINITO ma chi vive nel peccato si sente contrariamente un essere FINITO nell'INFINITO. 

COMANDARE AD UN ESSERE LIBERO
Finalmente si sente la voce di questo Dio per la prima volta che si rivolge all'essere umano che ha creato, ma non c'è un saluto (ciao come stai? ti piace il giardino? ti assomigli a me...) niente persino di gradevole anzi le sue prime parole sono un comandamento.... prima avvisa (di questo puoi mangiare) poi comanda (di questo non mangiare) ed infine minaccia (altrimenti morirai): "Tu potrai mangiare di questi alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perchè quando tu ne mangiassi, certamente moriresti" (Gen 2,16-17). E' triste che la prima traccia che noi abbiamo del divino in noi sia la legge, il divieto, l'interdetto morale, le proibizioni. Questo istinto è tipico di una mentalità politica e governativa, ma è deformante e deviante per quel che riguarda la vita interiore e spirituale, perchè ci facciamo subito un immagine di un Dio poliziotto, un Dio giudice, un Dio che si presenta non amichevole, non padre, non amore. Anzi un Dio ostacolo, che limita ed impone subito una finitezza, quindi per coloro che dicono che la limitazione viene dopo il peccato non è vero: già questo comando è un limite. Ma, c'è sempre un ma... ma lo sapete che la parola "comandare" non ce l'hanno spiegata bene?... 
Il dilemma sartriano del comando è semplice: se seguo il tuo comandamento non mi sento libero, se sono libero perchè mi comandi? se non seguo il tuo comando mi condanni, ma perchè mi condanni se sono nato libero?  Dobbiamo comprendere che per una mentalità giuridica, politica e faraonica la parola comandare è un potere. Comandare viene dal latino mandare (affidare) con il prefisso co, quindi significa affidarsi di qualcuno, infatti sarebbe più logico tradurre "mi raccomando" "mi fido di te" non è quindi la voce di un dittatore che impone un ordine ma di un amico, un genitori che ti dà un consiglio non per il suo comodo ma per il tuo bene; non è il comando di uno che ti fa fare un qualcosa che lui non vuole fare o non si ritiene degno di farla, ma ti dice di agire nel modo in cui lui stesso agisce, di fare quello che lui fa. In questo modo avremmo di Dio un immagine diversa, non fredda o distante, ma amichevole e vicina. Detto questo possiamo analizzare i due alberi cosa sono, cosa rappresentano o simbolizzano. 
PS: En la foto Urizen, la personificazione del sapere convenzionale e della legge. 


L'ALBERO, BRACCIA VERSO IL CIELO
Il simbolismo dell'albero è sempre stato in tutte le culture ricco di significati, poteri, persino adorazioni e culto. L'albero oltre i frutti ci dona una cosa importantissima per la nostra sopravvivenza: l'abilità di assorbire anidride carbonica e rilasciare ossigeno, gli alberi sono i polmoni della terra. Gli alberi sono lo sforzo infinito della terra per parlare al cielo in ascolto. Il racconto della genesi prosegue così: "Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male" (Gen 2,9). Sull'albero della vita abbiamo dedicato un intero blog (Tarot e Kabbalah), adesso quindi ci soffermiamo ad analizzare quel fatidico, misterioso, fastidioso, ambiguo e pericoloso albero chiamato della conoscenza del bene e del male. 

L'ALBERO DELLA VITA RIMASTO NELL'EDEN
Nel racconto biblico della Genesi, dopo la caduta nel peccato, avvenne una cosa a dir poco straordinaria: Dio dichiara di essere relazione, quindi non monoteismo ma politeismo, perchè parla al plurale non con se stesso ma con l'altro, con l'alterità, con quella dimensione che ci permette il confronto e l'individuazione: "L'essere umano ha peccato ed è diventato come UNO di NOI" (Gen 3,22) questa frase è emblematica, l'uomo si rende come Dio nel peccato quindi Dio dichiara che in lui c'è il male, cioè il peccato, Adamo ed Eva l'hanno conosciuto, si sono addentrati nel dualismo senza però avere le capacità dell'equilibrio, per questo vengono espulsi dall'Eden: "Non sia che prendano dall'Albero della vita e muoiano in eterno, per ciò devono essere espulsi" . 
Questa vita o linfa vitale è la via dello Spirito che abbiamo perso 
immergendoci nel dualismo della materia. 
Dio mise però dei guardiani alla porta del giardino, una coppia di Cherubini, due Angeli armati di una spada fiammeggiante. La spada ferisce chi non la sa evitare, perchè gli angeli non precludono l'ingresso ma lo custodiscono per coloro che vengono riconosciuti dal loro volto: i due Cherubini possiedono l'uno un volto maschile e l'altro un volto femminile. Essi rappresentano le due polarità fondamentali dell'esistenza, Yin e Yang, l'equilibrio nella dualità. Chi raggiunge un tale equilibrio guadagna la grazia degli angeli che diventano invece i pilastri che sostengono la porta che ci riconduce al Giardino dell'Eden. Queste figure alate erano già presente tra gli assiri, infatti il termine cherubino risalirebbe all'assiro Karabu («che è propizio» o «benedicente»), e si trovavano nei templi di Babilonia per cui è molto provabile che siano figure che gli ebrei hanno preso in prestito dopo la deportazione di Babilonia al ritorno in Gerusalemme. 


L'ALBERO DELLA CONOSCENZA DEL BENE E DEL MALE
Ben sappiamo che la conoscenza è un potere, nel mondo antico non bastava il denaro a farti potente se poi non sapevi come gestire una tale ricchezza. La genesi parla degli Elohim, erano Signori potenti, guerrieri, detentori di grandi poteri e conoscenze. Nella bibbia c'è un modo espressivo per indicare la totalità. Infatti nella lingua ebraica “il bene e il male” è un’espressione per caratterizzare “tutte le cose”, “tutto ciò che esiste. Se io dico che ho visto il paese "in lungo e in largo" significa che l'ho visto dappertutto nella sua totalità, ecco lo stesso l'espressione "del bene e del male" significa l'Assoluto, la totalità, allo stesso modo “il cielo e la terra” in Genesi 1,1 designa “tutto l’universo” e “la carne e il sangue” designa la totalità della natura umana.  Gli antichi non avevano termini astratti per questo usavano espressioni. Allora possiamo capire che conoscere il bene e il male non è un peccato, non è un male, anzi il discorso dell'albero della conoscenza è complessissimo, non si può conoscere la bellezza se non hai visto la bruttezza, non sai se una cosa è calda finchè non hai provato il suo contrario, il freddo, quindi senza il paragone non esiste equilibrio e tanto meno una visione complessa della verità e anche della falsità. Gesù non ci ha detto di essere solo buoni come le colombe, ha pure aggiunto "siete scaltri come il serpente" (Yin e Yang). In occidente invece il pensiero unilaterale ci ha portato a fare una scelta: o bianco o nero, o sei buono o sei cattivo, mangi dell'albero o lo tieni solo d'occhio. Questa tendenza è contro natura, chi sceglie un solo lato per forza diventa col tempo estremista, fondamentalista, totalitario. Se dipingi un quadro con un solo colore, non si vedrà mai nulla, ci vogliono le ombre e le sfumature per avere le forme. Il problema di questo albero è l'interpretazione teologica che il cristianesimo ha dato al racconto, fatto per un fine morale, quindi manipolato in modo tale che diventasse la vita della religione: senso di colpa e disubbidienza, una volta che la gente mangia questa interpretazione, manda giù anche la dipendenza dal potere religioso: si devono far perdonare e ubbidendo allora possono tornare al Paradiso. Il racconto invece secondo la Kabbalah ebraica è molto diverso, la “conoscenza del bene e del male” non ha a che vedere con il senso morale (vale a dire fare esperienza del male per accorgersene di cosa sia il bene) ma è la capacità di conoscere il Tutto. Il peccato allora sarebbe di volere credere di sapere tutto, di crearsi da soli, di dominare la natura e l'universo come se fossero degli Dei. Dunque il peccato non è la conoscenza, anzi questa è un bene e una virtù, ma il credere che sia l'uomo (come la scienza) il detentore di tale conoscenza e di credere di avere Tutte le risposte, in poche parole è mettersi al posto di Dio. 



PERCHÉ IL FRUTTO PROIBITO ?
Un grande mistero? o forse un grande qui pro quo?! io credo sia un errore di interpretazione, riletture molto ambigue e pilotate ad altri fini non spirituali. Il divieto a livello psicologico è un motore di ricerca come lo è il dubbio per la ragionevolezza, il divieto è grembo di incitamento, come il dubbio è grembo di ricerca della verità. Provate a cambiare la parola frutto proibito con "frutto acerbo" e avrete tutto il vero significato. Non ha senso mettere un albero che non si può toccare solo per attirare l'attenzione, questo sarebbe un azione di un Dio o Re meschino. Che padre metterebbe in un giardino un albero mortale ad un figliolo senza una spiegazione ma soltanto con un divieto? Se l'albero è della conoscenza va preso per capirlo altrimenti che conoscenza acquisteremmo? Se il regalo è per te ma tu lo rubi fai solo una figuraccia, ecco il frutto è per te, lascialo maturare (aspetta il compleanno e ti sarà dato il regalo, non te lo rubare) il frutto cascherà da solo senza toccarlo, se lo vuoi acerbo ti farà solo del male. Così i figli prendono dell'albero quando non sono maturi, non capiscono il divieto e si fanno solo del male.

MANGIARONO E NON MORIRONO, COME MAI?
L'interdetto era chiaro: "quando tu ne mangiassi certamente moriresti" (Gen 2,17). Ben sappiamo che non hanno mangiato del frutto proibito altrimenti sarebbero morti, come mai? La risposta è chiara e scontata: Adamo ed Eva hanno mangiato dall'albero della vita (come dimostreremo più avanti) credendo di aver preso di quello proibito, ma quello non era stato l'albero proibito, l'albero interdetto era quello della conoscenza del bene e del male, non quello della vita, infatti Perché “Dio” avrebbe proibito il consumo dei frutti dell’Albero della conoscenza piuttosto che dell'Albero della Vita? Nella mente divina era più grave che gli uomini diventassero immortali o che comprendessero Bene e Male?  Come abbiamo detto prima non aveva senso vietare la conoscenza altrimenti non avrebbero nemmeno capito il perchè obbedire e tanto meno sapere che l'obbedienza era un bene e non un male. L'albero fondante era quello della vita ecco perchè infrangerlo era non morire (aveva quindi ragione il Serpente come vedremo). D'altra parte però ci vuole una precisazione: dire a loro che sarebbero morti non ha un senso, per loro la morte non aveva senso, non l'avevano mai vista, quindi che significato ha la minaccia di una punizione il cui contenuto è totalmente sconosciuto al destinatario? Poi qualcosa davvero non quadra ed è assurdo:
Dio li caccia via non sia che diventino immortali, quindi erano già mortali (non perchè avessero preso dell'albero mortale, cosa che non hanno fatto, ricordiamolo bene), infatti perchè dopo manda il suo figlio Gesù Cristo per farci diventare nuovamente immortali? Fa un casino per la nostra ribellione, ci punisce con la morte e poi fa una missione stratosferica incarnandosi e facendosi ammazzare per levarci la morte e ridarci la vita eterna... un Dio psicopatico davvero, contraddittorio, incomprensibile. 
Molti cercando la quadratura del cerchio interpretano che "non morirono" in quel momento ma sarebbero morti dopo (ma il testo parla di morte imminente: "QUANDO mangi muori" quando? subito quando mangi, non parla di un futuro; altri dicono che si trattava di una morte interiore,  ma comunque di morte interiore si muore tantissime volte e l'analogia non quadra nemmeno perchè la morte interiore è atemporale mentre il testo parla di "QUANDO" mangi, cioè un azione temporale. Da quanto detto possiamo quindi affermare che l'albero di cui hanno mangiato non era quello proibito. Allora perchè Dio se l'ha presa e li ha puniti? perchè, come vedremo, anche Lui è stato dal serpente ingannato. 


LA MELA DI EVA E IL SESSO
Una delle più conosciute leggende metropolitane è quella di aver abbinato l'albero della conoscenza del bene e del male con una mela e poi aver pensato che la mela fosse il sesso, ma la ragione di una tale ambiguità è chiara: la Bibbia non parla mai di un melo e secondo non poteva essere un divieto il sesso altrimenti come avrebbero seguito il consiglio di "moltiplicatevi e riempite la terra" che diede Dio agli umani?. La mela è molto probabile una confusione con la mela d'oro di Afrodite che rappresentava l'amore di Elena di Troia, oppure aver inteso il verbo "conoscere l'altro" come intimità sessuale, anche perché nella stessa Bibbia a volte il verbo mangiare l'altro significa accoppiarsi. “L’adultera mangia, si lava la bocca e dice: non ho fatto nulla di male” Proverbi 30,19s.
In quel passo in cui si parla del comportamento di una adultera si capisce che il “mangiare” descritto in certi contesti è la rappresentazione chiara e inequivocabile dell’atto sessuale. In alcune lingue, come lo spagnolo latinoamericano, mangiarsi una donna significa accoppiarsi con lei, o farsela in italiano, quindi è un modo di dire. Non di rado in tutte le lingue i genitali hanno un chiaro riferimento simbolico ai frutti: la mela, la banana, la carota, la patata, i meloni, il cetriolo, il pisello, ecc. L'interpretazione quindi del peccato visto come il sesso è maliziosa, fuorviante e del tutto fuori luoghi, è una tendenza malsana e frutto di una mentalità sessualmente repressa e malata. 
La mela quindi appartiene ad un altra tradizione. Altri passi della Bibbia ci dicono che la donna dona un frutto al suo sposo prima delle nozze. Così Rachele (Genesi 30,14-16), la moglie preferita di Giacobbe, che era ancora senza figli, mangia delle mandragole, chiamate anche “mele dell’amore”. La ragazza del Cantico dei Cantici (Cantico 7,14) canta anche lei le virtù della mandragola.
Nella mitologia greca, la mela e la mandragola hanno già una connotazione sessuale. Dioniso offre una mela ad Afrodite, Gea ne dona una ad Era come simbolo di fecondità. Ad Atene le giovani spose dividevano tra loro una mela prima di entrare nella camera nuziale. Comunque sia però questa Mela non c'entra niente con la simbologia dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male nell'Eden.


SOLI CON LA SOLITUDINE
Ricordiamo quella frase di Gesù che dice: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore resta solo, se invece muore produce molto frutto" (Gv 12,24), ebbene, Dio se ne rese conto che Adamo nel giardino era solo, doveva quindi morire (premetto che non è uno scherzo o una battuta maschilista di mal gusto) per questo doveva creare anche la donna. Il racconto prosegue: "Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui" (Gen 2,18). In poche parole era solo ma non aveva capito la solitudine e Dio gli creerà la donna che gli farà capire per bene cosa sia la solitudine (ripeto sembra una battuta, ma vedremo che non lo è). La prima condizione esistenziale in cui noi ci troveremo sempre all'apice di un cambiamento radicale è la solitudine, non dobbiamo mai scordarcelo: nei momenti più dolorosi, più decisivi, più cruciali, saremo sempre da soli. In base a questo racconto l'uomo nasce ormai imperfetto, cioè mancante, bisognoso di una compagnia, di un confronto e conforto, non è perfetto ma limitato, si noti bene che il testo sacro precisa "NON E' BENE" che stia solo. Persino Dio è una relazione, non è solo con se stesso, altrimenti non si sarebbe rapportato alla creatura, sa bene che il suo male è l'essere fine a se stesso, anche se tutti i filosofi non comprendono perchè Dio deve subordinarsi ad un altro; ma chi sarebbe quindi quell'altro di cui ho bisogno per non sentirmi solo? sarebbe un Dio ancor più grande del primo. Ma proprio perchè noi concepiamo un Dio troppo umano che vuole il Tutto per sè, che è indipendente, che non si piega, che non soffre, che non muore, che non ha bisogno di nulla... invece Gesù rivela un Dio totalmente contrario: un Dio che muore solo in croce e ha bisogno dell'uomo, perchè ha bisogno dell'amore. 
La solitudine quindi non è un bene ma è l'input necessario (una condizione intrinseca nella nostra natura) che ci spinge a cercare il bene: la relazione, l'uscire dall'Ego, l'amore. 



TU ED IO
"La prima esperienza della persona è l'altra persona, il tu quindi il noi viene prima dell'io" Ecco la base del pensiero del grande Martin Bubber. Il Io da solo resterebbe nella trappola dell'egocentrismo, anzi non saprebbe neppure chi è senza il confronto. Adamo da solo nel giardino non avrebbe saputo di essere nemmeno Adamo. Aprendosi ad un Tu rischi di restare imprigionato nell'altro, se esso non si apre ugualmente (la trappola del tu si chiama allocentrica), cioè quando ti annulli per un altro, quando diventa l'ombra di un altro, ugualmente non sai mai chi sei. Se due persone invece (io e tu) restano rinchiuse in se stesse cadono nella trappola del settarismo, ecco perchè la coppia vera si apre al figlio, il terzo che spacca il possibile egoismo a due. Quando ci sono 3 persone nasce anche il pronome LORO (il io che osserva agli Altri due) quindi la comunità e la società. Questa per quanto immensa ha il rischio di chiudersi in un ulteriore trappola: fanatismo, patriottismo, consumismo, totalitarismo. Ogni forma di comunione e relazione quindi ha i suoi rischi e parte dalla solitudine in cui si rinchiude il IO. Dio vide che non era cosa buona che l'uomo fosse da solo, ma in realtà non è la solitudine il problema ma il non saper viverla senza dare la colpa agli altri, senza rinchiudersi in se stessi per difenderci dagli altri. Qui giace le fondamenta dell'amore, della coppia, della relazione e cioè la follia dell'amore. Che cos'è l'amore? è un ponte che l'altro mi offre per poter far sì che io esca da me stesso e raggiunga me stesso senza cadere nel mio egoismo. Quindi Adamo era solo ma non aveva capito la solitudine, Dio fece Eva perchè lui potesse veramente capire tramite Eva la solitudine, nel senso che Eva (quella parte psichica più istintiva, intuitiva, irrazionale) facesse capire ad Adamo che era un solitario ma qualcuno lo amava così come era, senza dover e Eva riempire il vuoto o il buco della solitudine di Adamo. Facciamo attenzione: chi si sposa per non stare solo condanna l'altro a riempire il suo vuoto e l'altro si deve annullare ecco perchè ti diventa l'incarnazione della tua solitudine, coppie che stanno insieme ma si sentono infernalmente da sole. Galimberti dice mirabilmente: "L'amore non è tra te e me, ma tra la mia parte razionale e la mia follia grazie a te". L'altro quindi ti permette di non impazzire, di vivere la tua follia in maniera ragionevole, perchè sei amato; sei solo, sarai sempre solo ma qualcuno ti ama così e ti sta accanto. Quando tu vivi questa follia dell'amore in maniera ragionevole (spirituale direi io) allora ti salvi e non rischi di usare l'altro, di masturbarvi a vicenda persino quando fate l'amore, di rispecchiarvi e rinfacciarvi i limiti e difetti, perchè siamo salvi grazie all'altro. 

UN AIUTO PER COMPAGNIA
Il racconto prosegue facendoci vedere un Dio preoccupato, non parla con l'uomo come prima (tu protrai mangiare di tutti gli alberi... ecc..) no, qui Dio se ne accorge che non è bene che l'uomo stia da solo, ma Dio ragiona da solo, insomma Dio capisce un qualcosa che non aveva previsto nel suo piano, è come se facesse scuola con la sua creatura, è libera quindi imprevedibile, dunque vede l'uomo annoiato. Infatti Dio parla con se stesso: " io gli farò un aiuto che sia adatto a lui " (Gen 2,18) Ma fermiamoci un attimo: questo vuol dire che neppure Dio gli bastava all'uomo, siamo sinceri, si vede adesso un Dio che corre al riparo: " Dio il SIGNORE, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l'uomo gli avrebbe dato" (Gen 2,19) è come quando tu vedi un bimbo annoiato e gli compri un giocato e poi vedi che reazione ha, per vedere come avrebbe giocato. E sorpresa: il bimbo ci gioca per un po' ma poi si annoia un altra volta: "L'uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l'uomo non si trovò un aiuto che fosse adatto a lui" (Gen 2,20). Quanti oggi sono così? riempiono la vita di cose, comprano macchine, tengono come compagni gatti e cani, ma infondo si sentono molto soli e smarriti; al limite sono padroni di quella solitudine e si auto convincono che è meglio così, ma in fondo la natura sospira. Vive in solitudine o un animale o un demone oppure una persona che ha saputo, dopo anni di prove e crescita interiore, conciliare l'animale e il demone che giace in ognuno di noi, quindi un santo. Resta il fatto che noi siamo completi interiormente, se maturi avremmo raggiunto la pienezza quindi avremo trovato l'anima gemella che non è altro che la nostra dimensione interiore, la nostra alterità, oscurità (l'alter Ego). Ma l'istinto naturale ci spingerà sempre a metterci in confronto con un altro, a rivederci negli occhi di un altro. Facile dire che si ama un cane, esso non ci parla, non si interpella, non ci dice i nostri difetti, quanto siamo ignoranti quando lo trattiamo da cane, anzi scodinzola sempre anche se lo ignoriamo. Non abbiate paura, è normale sentire il bisogno di un altro, il desiderio di trovare aiuto nel confronto e conforto nella compagnia. Persino la più sana concezione di Dio ci dice che Lui non è solo, non potendo sopportare la solitudine creò l'uomo e lo rese divino. 


SENZA EVA ADAMO SAREBBE MORTO DI FAME SPIRITUALE NEL GIARDINO E POI MARCITO LI DENTRO SENZA CONOSCERE IL MONDO NELLA SUA ALTERITÀ
La solitudine in cui la Bibbia presenta Eva in un giardino è l'archetipo dell'isolamento del nostro lato femmineo, l'intuizione psichica intuitiva e la ricerca spirituale. Eva ha il coraggio di confrontarsi con il serpente, la divinità duale e scopre ciò che Dio nasconde, come dice inseguito la Bibbia: "ha mangiato dell'albero ed è diventata come uno di Noi!" cioè divina. Fate attenzione ad un particolare: Eva parla col Serpente per prima non con Adamo, perchè la vera identità nasce quando scopre il diverso dentro di te, la tua Ombra, il tuo Serpente. Eva fu attaccata per la sua saggezza e la sua conoscenza e fu costretta ad abbandonare la terra per un certo periodo, lo stesso avvenne per Atena nell'Olimpo degli dei. Senza il femmineo il nostro mondo o giardino interiore di Eden non è altro che un monopolio tra gli dei religiosi e i politici di Adamo. Manca Lei, la introspezione spirituale. Eva non fu espulsa dal giardino, in realtà se ne andata, ma i padroni di casa si sono raccontati la situazione a loro favore, perchè la storia è fatta dai vincitori. Il nostro lato maschile sociale (politica e religione) deve come Ulisse smettere di far le guerre, dimettere il suo apparato bellico psicologico e confrontarsi con le facoltà neglette del suo femminile: il ritorno a casa è il ritorno al sapere di base, quelli dell’arcaico femminile aperto verso la conoscenza dei misteri della vita. 


EVA, IL FEMMINEO SACRO 
Eva non fece male a prendere della conoscenza, anzi senza la conoscenza non avrebbe mai saputo neppure che era ignorante. Nelle mitologie patriarcali Atena nasce dalla testa di Zeus come Eva dalla costola di Adamo, a quel punto il potere di dare la vita da sempre ritenuto appannaggio del femminile viene conquistato dal maschile al fine di imporre la sua superiorità e il suo conseguente dominio sul resto del mondo. Atena usci dalla testa di Zeus: è il maschio che ragiona e prende le decisioni (la testa, Zeus), ma questa ragione gli fa scoprire la verità ultima (Il senso, Atena) questo era il significato. Ma il rovescio della medaglia dice che lei è la ragione del suo agire: l'indipendenza dalla legge, per cui quella di Eva non era disubbidienza bensì presa di coscienza e di responsabilità personale, coraggio di agire da sola secondo le proprie convinzioni ... grande Eva, grazie a lei l'Eden non diventa prigione e tutto il mondo esterno un altro giardino, ma viceversa, le persone che non hanno una femmineo consapevole fanno del mondo una prigione e della loro vita un reo sempre in colpa perchè mancanti di spiritualità, di libertà!!!

L'ETERNA DISUBBIDIENZA DI EVA
Il dono di Eva è chiamato disobbedienza, ma in realtà è la capacità di assumersi la responsabilità dei dubbi che sono il motore della conoscenza, del coraggio e del diritto di credere in te stesso. In quasi tutte le fiabe, leggende e miti, la disobbedienza mette in moto tutte le esperienze (Tre porcellini, Cappuccetto rosso, Pinocchio e così via ...) E' triste per un genitore sapere che un figlio non sa prendere decisioni, che deve sempre dipendere dai permessi, non sa ragionare, non sa valutare se qualcosa è giusta o meno, obbedire sempre è restare infantili; questo è un processo adatto soltanto al controllo dei potere governativi non all'educazione di un genitore che ti ama. Ai governanti l'obbedienza è un arma di controllo e di dominio, non un processo di liberazione. Obbedire significa etimologicamente che io ascolto quello che tu dici o quello che a te conviene, ma non sempre quello che conviente a te conviene anche a me. Obbedire è semplicemente cercare di capire se in quello che tu dici (dire) cosa c'è sotto di vero (ob=nel tuo verso). Dunque non implica fare quello che dici ma capire se quello che dici conviene anche a me. Il Dio che punisce Eva è lo stesso del tentatore del Serpente (Yin-Yang); Dio e il Serpente sono due facce della stessa medaglia, proprio come le figure di Adamo ed Eva. Meglio quindi non sottovalutare il coraggio di Eva chiamandolo disobbedienza, forse è indipendenza da una falsa immagine maschile di un Dio che non vuole che tu pensi. Obbedire è facile, non devi usare la mente, decidere è difficile perché devi ascoltare, ragionare e scoprire dove sta il buono.


IL PECCATO NON SI EREDITA
Da quanto detto finora, possiamo comprendere che è assurda la teoria del peccato originale, soprattutto come può un Dio misericordioso far pagare un debito di un genitore ad un figlio che non l'ha commesso? Possiamo dire che nasciamo NEL peccato nel disordine, ma non COL peccato, non può essere una macchia intrinseca all'essere per natura appunto perchè il peccato è contro natura.  Il nostro mondo attuale è la conseguenza di miriade di scelte, non di un peccato personale singolare. Credo che il peccato originale sia proprio aver inventato questa teoria o dogma che sia. L'essere umano non può essere condannato soltanto per il fatto di nascere. Il peccato in realtà non è lo sbaglio che noi facciamo ma cosa facciamo dopo con quello sbaglio, è il dopo che conta. Il precetto diceva: "Quando mangerai morirai" cosa è accaduto? sono morti? No, ma sono stati espulsi dal giardino, ecco la morte esistenziale in corso. La morte esistenziale è una scelta, Dio non può averla creata, come dice la scrittura: "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi" (Sap 1,13). Questa morte assoluta è mettersi al posto di Dio, impossibile, ecco perché esiste l'inferno: per permettere agli illusi di avere ancora una possibilità di vivere e redimersi, di rinunciare all'illusione di voler essere Dio. Ecco perché esistono 2 morti (Apocalisse 20,6) ma gli umani muoiono soltanto una sola volta (Ebrei 9,27), la vera morte è quella dell'anima. Il peccato quindi è un'azione personale non si eredità, ma si incorre nell'influenza di voler avere l'eredità di un genitore benestante se ipotizziamo che l’albero della vita rappresenta il codice genetico del DNA, diventa tutto chiaro. Dio teme che l’umanità, generata da Adamo ed Eva, durante il suo percorso evolutivo arrivi a conoscere e manipolare l’essenza stessa della vita (clonazione) ed allora Dio non avrebbe alcun senso, perderebbe i suoi eredi (fedeli). 

LA NOIA DIVINA
Gen 2,21:  "Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò" ... così prosegue il racconto. Ma fermiamoci: Adamo era un po' disperato ma ancor di più Dio era disperato vedendo che questa creatura non era contenta nonostante tutto quello che aveva fatto per lui, aveva tutto ma gli mancava il senso di del Tutto, gli mancava Lei,  cioè Eva, l'Amore incarnato. Dio non era sufficiente, un idea astratta non ci colma se non vissuta, possiamo farci mille seghe mentali ma la psiche prima o poi ci mette stretti sulle corde della noia esistenziale, la finitezza. Quando siamo annoiati, tristi, depressi è l'anima che dentro ci parla (Dio è disperato) ci chiede una via d'uscita, ossigeno. Allora Dio ci va cadere nel torpore, una parola che significa etimologicamente privi di movimento, quindi inerzia. Adamo si addormenta, perchè il sonno è il fratello della morte, ci viene in aiuto, ci fa dimenticare, ci immette in quello stato di incoscienza necessario per la nostra mente malata e debole. Ma cosa avviene in questo sonno? è quello che avviene nella meditazione, nel silenzio profondo: ci rendiamo conto del nostro Vuoto, la parte mancante, infatti il racconto prosegue: " gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto" quindi resta un posto Vuoto e per capirlo dobbiamo approfondire il vero significato della costola. 


LA COSTOLA DI ADAMO, COSA SIGNIFICA?
E' ben noto il racconto della Genesi dove Eva è stata creata da una costola di Adamo: "Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo" (Gen 2,22). Il termine costola è molto ambiguo perchè in ebraico  "s.ela"  ha diversi significati che dipendono dal contesto in cui viene usato e significa anche "fianco" "lato". Un interpretazione maschilista dice che la donna è nata per essere sottomessa all'uomo visto che nasce da sotto il suo braccio (la costola). Sia chiaro che nell'antico Israele, almeno da come risulta dalle fonti bibliche, non esiste alcuna dichiarazione d'inferiorità della donna rispetto all'uomo, cioè al «maschio» (si veda Gen 1,26-27), e che pertanto il versetto in questione non va forzato in tal senso. 
Alcune interpretazioni futuristiche vedono in questo Dio persino un essere extraterrestre capace di fare una clonazione: per loro la costola non è altro che una cellula staminale, un campione con cui fare un altro essere, una clonazione vera e propria. 
Vi ricordate l''essere Androgino di Platone? Alcuni Rabbini nei primi secoli pensavano che questo racconto stesse descrivendo la 
separazione o distinzione dell'uomo dalla donna, il distacco e l'individuazione l'uno dall'altra. Dire che Dio prese un fianco, un lato (yang) dall'uomo e da esso trasse l'altro lato (yin) e come dirci che in noi c'è l'alterità, il duale, il confronto, l'altra sponda, la relazione. Ma il termine costola è molto riduttivo, fiabesco, si presta all'immagine allegorica, visto che Dio  sottopone l'uomo ad una sorta di “operazione chirurgica”. 
I più autorevoli biblisti concordano che la traduzione del termine  צלע "s.ela" sia metà, non per caso noi parliamo della persona amata come altra nostra metà. Il racconto non fa altro che descrivere in chiave fiabesca la nascita dell'amore nell'alterità e del duale nelle relazioni. Infatti il racconto prosegue con il primo poema dell'amore tra l'uomo e la donna. 

LA CREAZIONE DELLA DONNA, UN POEMA D'AMORE
La creazione di Eva è un brano così delizioso, profondo, intessuto di senso esistenziale e complessità psicologica, che va letto a rallentatore, gustato piano piano come un gelato. Poi ha dei colpi di scena nascosti che spesso non vengono messi in risalto. Vediamo alcuni particolari meravigliosi: 
- Dio fa addormentare l'uomo, quindi la donna da dove nasce? da un sonno come un sogno, la Bibbia non dice che Adamo si fosse poi svegliato. Per noi la donna resta un sogno ad occhi aperti. 
- Dio tolse una costola e rinchiuse la carne al suo posto. L'altro per noi è l'altra metà (costola significa metà in ebraico) ecco perchè quando non abbiamo un rapporto intimo con qualcuno sentiamo un vuoto (la costola mancante). Dio crea un vuoto dentro l'uomo per creare un altro vuoto: l'amore dell'altro. L'amore è un vuoto che riempie, come l'orgasmo o il coito sono una pienezza che esce da un vuoto, ma poi si rovescia: ti senti vuoto di nuovo ma con la reminiscenza di una pienezza. E' la perdita dell'Ego quando sfiori la totalità dell'altro.
- Ricordiamo che Adamo aveva tutto, ma gli mancava il senso del Tutto, gli mancava Lei. Soffriva di una noia mortale. Quando ti fanno un intervento chirurgico è perchè sei in fin di vita o in pericolo mortale. Dio fa questo intervento chirurgico, leva la costola, fa la donna e presenta la donna come la sua ultima carta vincente, il suo ultimo colpo di fulmine. Lei è l'ultima creatura quindi il compendio della creazione, il culmine, tutte quelle fatte prima sono come abbozzi e lei è la rifinitura. Lei è la ciliegina sulla torta della creazione, il sapore della vita.
- Mentre tutte le cose sono state plasmate dalla terra, la donna no, lei prende parte dell'Uomo già fatto, lei non è terra grezza, ma ultimazione e rifinitura del corpo umano, non per caso il corpo della donna è l'opera d'arte più sublime nella natura. Dopo la donna il Dio creatore scomparve, lei è l'assenza di Dio, il suo ultimo riflesso.
- Ricordate Cristo sulla che fu trafitto sulla costola per verificare la sua morte? da questa costola nasce la vita o fede nel divino, un po' come Adamo, significa che il senso dell'alterità nasce nel confronto con l'altro, nel dono di sé all'altro, l'alterità in amore è un'apertura o colpo sul fianco. 
- La costola a livello simbolico è il lato del cuore, è la sede del sentimento, dell'amore, quindi quando nasce l'amore nasce proprio dal cuore.
- Adamo partorisce Eva? No, lui era in fin di vita, quel che nasce da lui è il senso della vita cioè la donna. Senza l'amore la vita è abortiva. 
- Dopo la creazione di Eva finalmente l'Adamo parla, per la prima volta si sente la sua voce nella creazione, questo ha un senso infinito, perchè è la parola ciò che distingue l'uomo come umano. Soltanto di fronte all'amore possiamo dire qualcosa di sensato.... 
adesso possiamo ascoltare le prime parole di questo Adamo, un poema da un balbuziente, un inno alla vita.... 

LA DONNA È UN DONO, MA PER CHI?
Una frase che spesso non viene analizzata in questo racconto è questa: "Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo" (Gen 2,22) Tra le righe si nasconde il problema esistenziale di ogni donna: l'uomo. Perché? qui la donna viene trattata come un oggetto da parte di Dio, è una cosa fatta per un altro, per consolare l'uomo nella sua solitudine, è un regalo, un dono. Lei è in funzione di far felice l'altro. Questa prospettiva è molto strumentale, direi volgare ma anche riduttiva se non analizziamo il rovescio della medaglia. Adesso rovesciamo la frase e vediamo cosa si nasconde, cosa le donne spesso non vedono in questa azione divina:
Quando la donna trova un vero uomo? soltanto quando Dio la conduce a lui, in altre parole se la donna non è spirituale, matura, fatta da Dio (è lui che l'ha plasmata), se la spinta che la porta ad avvicinarsi ad un uomo non è Dio (cioè la consapevolezza interiore), lei non troverà un uomo ma un essere incompleto che la farà patire. E' Dio che condusse la donna all'uomo, vale a dire la sua piena maturità o divinità, soltanto allora lei sarà consapevole che l'uomo che troverà e sarà alla sua altezza (non si metterà con uno più immaturo di lei), perché lei ha la sua costola (lei sa a che uomo concedersi), lei sa di cosa è stata fatta (lei conosce ormai gli uomini dentro, ha la sua costola), lei ha già l'uomo nella sua essenza (la costola è simbolo della sua dimensione maschile, animus, sviluppata). 


 LA PRIMA POESIA D'AMORE 
Un cambiamento significativo avviene nel momento in cui Adamo si rende conto di non essere solo, Dio gli presenta la Donna. Esiste quindi un altro sesso, un altro “lato” (costola) dell’esistenza umana: l'alterità e il confronto. Alla vista della donna Adamo per la prima volta parla nella Bibbia e questo evento è molto significativo. Vuol dire che finchè noi non troviamo l'amore non ci apriamo veramente, siamo chiusi (il non parlare è simbolo di regressione nell'uomo, unico animale parlante razionalmente). Le prime parole di Adamo, come quelle di un bambino, sono una poesia d'amore, un esclamazione di stupore e meraviglia:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta». (Gen 2,23)
Ricordiamo che Adamo era caduto in un sonno profondo dal quale la Bibbia non dice di essersi svegliato, lei resta per lui un sogno, come la poesia che le dedica (l'arte è trarre dal sogno la realtà). Cos'è Adamo? Un uomo solitario che ancora sogna di aver trovato la donna, il senso della sua solitudine? oppure sveglio trova nella donna un sogno solitario tramite il quale lui deve fuggire al risveglio per non ritrovarsi disperatamente solo? Giace qui quella sottile percezione psicologica dell'amore come un qualcosa che non appartiene alla realtà, perchè nasce come un sogno e resta come un sogno. Infatti Adamo subito prende un abbaglio e fa il primo errore anzi orrore di fronte alla donna (lo facciamo tutti in amore la prima volta), perchè non parla alla donna ma parla a se stesso con se stesso tramite lei (io non ti amo ma amo me tramite te, amo quello che tu mi fai provare non quello che ti faccio provare, amo l'amore che sento non l'amore che ti faccio sentire) infatti lui dice "Questa volta è carne dalla mia carne..." non dice "questa volta TU SEI carne della mia carne", lui parla da solo con se stesso, prova che è ancora nella sua sfera onirica, sogna, sta a fantasticare. La parola "Questa volta sì che ce l'ho fatta" significa che ci aveva già provato a cercarsi tramite le cose, gli animali, l'ambiente, ma non c'era riuscito, nulla può farci da specchio come il nostro simile. Ma sapete che la stessa cosa capitò a Dio un pò prima mentre creava tutte le cose? non trovò nulla di simile finchè non fece l'uomo e un Dio che cerca soltanto adorazione è un egocentrista, come Adamo di fronte alla donna per la prima volta. Ma c'è molto altro ancora in quella poesia d'amore adamica ....

LA COSTOLA MANCANTE E' IL VUOTO DELL'AMORE 
"La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta" (Gen 2,23)
Con questa frase monumentale Adamo chiude la sua espressione meravigliata di fronte alla donna appena creata. Analizziamo un particolare: Adamo fu fatto con polvere della terra, Eva invece fu tratta da una costola, quindi un prodotto molto più raffinato, distillato, definito. Facciamo un riflessione parallela: Dio ugualmente trasse la creazione dalla sua costola (non poteva trarre materiale alcuno altrove perchè se lui è il Tutto, il fuori Dio non esiste), in questo modo la creatura è costituita (costola=costituita) divina, parte di Dio. Dunque anche la donna è costituita uguale all'uomo ma diversa, è la sua divinità, mentre a creatura è la debolezza di Dio, la donna è la debolezza di ogni uomo. L'essere umano trova Dio in se stesso, ma anche l'uomo si ritrova sempre i una Dona e la Donna? soltanto in Dio ecco perchè le donne finchè non trovino una via spirituale sono sempre condannate a vivere nel vuoto esistenziale dell'insoddisfazione interiore, l'unica cosa che colma questo vuoto in apparenza è la maternità, un altra creatura che emana da lei, un po' come Dio stesso con la creazione. La donna è l'incarnazione di un sogno umano come il Cristo sarà l'incarnazione di un sogno divino. Nessun uomo non spirituale potrebbe capire una donna, nessuna donna non spirituale può essere sopportata da qualunque uomo. Ricordiamo che Dio quando trasse la costola "chiuse la carne al suo posto" vale a dire che la donna è la cicatrice divina sulla traccia dell'esistenza umana. Il sospiro d'amore è il vuoto divino del Dio mancante nelle creature, la costola mancante. Quando si legge nella Bibbia: "L'uomo è la gloria di Dio, ma la donna è la gloria dell'uomo" (1Cor 11,8) questa frase va depurata dalla sua terminologia maschilista ed intesa in quest'altro modo: "L'uomo scoprirà la grandezza della donna nella misura in cui egli sarà simile a Dio. Ci vuole un Dio per comprendere una Dea, finchè non siano alla pari, l'uomo tenderà ad essere un falso adoratore di lei per sfruttare la sua bellezza e lei ingannata dalle lusinghe divine si lascerà sedurre... ecco perchè conclude il versetto biblico. "per di più, l'uomo non fu creato a causa della donna, ma la donna a causa dell'uomo" (1Cor 11,9) il che vuol dire che la donna rimediò la debolezza di un uomo perso nella sua solitudine, silenzio e debolezza... ma fate attenzione, se la donna non sa far valere il suo potere si carica proprio questa condanna maschile: solitudine, silenzio e debolezza. Se la donna è un uomo mancato è proprio perchè l'uomo è un fallito. 

LA DONNA E' UN UOMO MANCATO ?
Questa celebre e triste frase filosofica di Aristotele è pensata e fatta da un uomo davvero mancato, condizionato da una mentalità in cui l'ostracismo maschilista regnava opprimente sulla donna. Un uomo pieno, cioè col femmineo psichico sviluppato non avrebbe mai detto una si fatta frase meschina, per cui il mancato è proprio chi la pensa con questa mancanza psichica (che è appunto femminile). Nella Bibbia quando Eva venne creata, Adamo esplode in una poesia, come abbiamo già analizzato in precedenza, una poesia sì bella, impregnata di entusiasmo e fervore, ma comunque sempre egoista. Ci manca un ultimo particolare da mettere in risalto. Quando disse: "La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta" (Gen 2,23), Adamo vede la donna come un mezzo fine a se stesso, fatta dall'uomo per l'uomo, quindi senza nessuna finalità per lei personale. Per capirlo meglio aiutiamoci con il pensiero appunto di quel maschio "completo" di Aristotele e le sue 4 cause: 
Secondo Aristotele, esistono quattro tipi di cause: materiale, formale, efficiente e finale. Facciamo un esempio per mettere a fuoco queste cause: 
Vediamo una statua di Eva. La causa materiale è il legno o il marmo o il materiale di cui è fatta quella statua. La forma è il corpo di una donna, il modello è l'essenza di quella statua; la causa efficiente è lo scultore, colui che l'ha scolpita o forgiata. La causa finale è lo scopo per cui è stata fatta quella statua, tipo un regalo per la cappella o un dono di compleanno per la mia ragazza, per ornare uno scafale, ecc... Adesso trasferiamo queste 4 cause alla creazione di Eva secondo le parole di Adamo:
- Causa materiale: Adamo, il suo corpo, la sua costola
- Causa formale: Adamo, è tratta da me, è una mia prolungazione 
- Causa efficiente: Adamo, da me è stata tratta (non dice Dio l'ha tratta da me, Adamo non riconosce la causa efficiente ecco perchè tutti gli uomini che non vedono nella donna un dono spirituale instaureranno sempre un rapporto soggetto al dominio, all'utilità, all'interesse egoistico. Vale anche per la donna nei confronti dell'uomo, perchè in questo caso Eva è soltanto un simbolo dell'alterità nei rapporti)
- Causa finale: per Adamo, è carne della mia carne, mi appartiene.
Dopo questo ragionamento cos'altro manca? che il vero mancato riconosca il suo totale egoismo. 

PRIMA E DOPO L'AMORE
Abbiamo visto che dopo la creazione della donna Adamo finalmente parla, si sente vivo, manifesta emozioni, Dio è riuscito a scuoterlo, è finalmente euforico e di seguito si aggiunge una frase profondamente chiarificante: " Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre" (Gen 2,24) per cosa? focalizziamo su questa frase "per questo l'uomo abbandonerà" la casa dei genitori, cioè? qual è la ragione? l'amore. Questa versetto ci indica che c'è una dipendenza psicologica dai genitori e finchè noi non troveremo il vero amore,  vale a dire l'integrità interiore (Adamo ed Eva, la nostra parte maschile Yang che si unisce alla parte femminile Yin, animus ed anima junghiane) noi saremo sempre psichicamente dei bambini. E' l'amore che ci rende maturi, indipendenti, liberi. Ma chi era il genitore di Adamo ed Eva in quel giardino? lo stesso Dio, quindi noi abbandoneremo gli dei quando le nostre forze psichiche saranno di nuovo unite, perchè gli dei sono nati dalla separazione delle nostre dimensioni interiori ed essi moriranno quando noi saremo adulti spiritualmente. Più la persona è spiritualmente matura meno è fanatica, non appartiene a nessuna madre chiesa o religione, è libera di spirito e di mente. Anche a livello umano capita lo stesso: i nostri figli sono dei mammoni per colpa nostra che non li rendiamo sicuri, che cerchiamo di risolvere i loro problemi, che li proteggiamo eccessivamente, che non vogliamo che lascino il loro giardino dell'Eden (la casa paterna). E' l'amore la prima forza positivamente distruttiva interna, è l'amore come potenza naturale che ci porta via da casa, che ci spinge oltre. Di conseguenza, possiamo anche andare via da casa, renderci indipendenti economicamente, ma (prima) se non troviamo l'amore vero in una relazione e (seconda) noi non siamo integri psicologicamente (la prima dipende dalla seconda), tenderemo sempre a cercare mamma e papa o al limite ad imitare inconsapevolmente i loro stessi errori, perchè psichicamente non li abbiamo abbandonati, non abbiamo tagliato il cordone ombelicale psichico della loro anima. Certi affetti, certe fedeltà, certe devozioni non sono altro che morboso attaccamento al seno psichico materno, paura di abbandonare il nido, mancanza di amore in se stessi. 


























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 Eva che è stata fatta in un momento successivo, con ogni probabilità è stata prodotta proprio lì.










Isaia 15, 3 Yahveh era un UOMO DI GUERRA (ish milchama)



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hai preso dell'albero della conoscenza del bene e del male adesso proverai cos'è il bene e il male (hai voluto la bicicleta, allora pedala) ... vuoi governarti da solo? ok fallo pure ma ecco le conseguenze ...






– Come interpretare il testo


In questo paradiso infantile in cui il tempo appare eterno, si insinua però una figura negativa: il serpente (nachash). Nel Midrash, i Maestri spiegano che questo personaggio rappresenta lo yetzer harah, l’istinto del male, che nel contesto del racconto è il desiderio che induce a seguire i propri impulsi e a mettere in discussione i limiti imposti dall’autorità paterna. Il dialogo tra Eva e il serpente ha infatti tutte le caratteristiche di un vero monologo interiore.
Dopo aver ceduto alla tentazione, l’innocenza e l’ingenuità scompaiono: “Allora si aprirono gli occhi di ambedue ed essi si accorsero di essere nudi” (Genesi 3:7). Rabbi Mordecai Breuer spiega:
“Il lento sviluppo che ogni individuo attraversa gradualmente, cadde su Adamo in un solo istante. Un momento prima egli era perfetto e innocente, puro come un bambino, ed ora è già diventato un adulto. Egli acquisì tutto ciò che il mondo degli adulti ha di buono, ma anche tutte le parti negative: il dissidio, la vergogna e il peccato” (R. Mordecai Breuer, Pirkei Mo’adot I, p. 113).
Dopo il peccato, la natura umana non è degenerata; anzi, essa ha acquisito virtù superiori. La conoscenza del bene e del male ha reso Adamo ed Eva “simili a Dio” e diversi dagli animali (Genesi 3:4; 3:22).
Una domanda sorge spontanea: Dio voleva davvero privare l’umanità della conoscenza del bene e del male? Non era forse il proposito iniziale del Creatore quello di rendere l’uomo a Sua immagine e somiglianza?
Secondo il Midrash (Bereshit Rabbah) il peccato di Adamo non è stato un incidente di percorso, bensì qualcosa di inevitabile, un evento già previsto fin dall’inizio. Non è un caso che la Torah ci dica che l’albero della conoscenza si trovava al centro del giardino (Genesi 2:9). In altre parole, tutte le strade conducevano ad esso. Adamo ed Eva non avrebbero potuto ignorarlo. Forse la maturazione di cui l’uomo aveva bisogno poteva essere ottenuta solo a causa della trasgressione di una norma. Sappiamo infatti che la crescita psicologica dell’individuo passa inevitabilmente attraverso una temporanea messa in discussione dell’autorità paterna.
Con la fine dell’infanzia, gli esseri umani devono iniziare ad affrontare la durezza della vita, la fatica, la realtà ostile che li circonda. Si esce dal paradiso incantato per entrare in un mondo più aspro e concreto, e si acquisisce così anche l’idea della morte, sconosciuta ai bambini e agli animali: “Finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai” (Genesi 3:19).
La donna diviene portatrice di vita (Genesi 3:20), ma da ciò consegue inevitabilmente il dover fare i conti con i dolori della gravidanza (Genesi 3:16). Quelle che nel racconto biblico sono presentate come condanne inflitte da Dio, nella realtà sono aspetti importanti della condizione umana di cui si prende coscienza attraverso la maturazione.
Nonostante la disobbedienza, Dio non abbandona i suoi figli e non li priva della sua misericordia. Al contrario, prima di lasciarli andare per la loro strada, Egli compie per Adam e Chavah un gesto d’amore: “Poi il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie delle tuniche di pelle e li vestì” (Genesi 3:21).
In questa riflessione non possiamo tralasciare la condanna riservata al serpente:
E il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, sii maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le fiere dei campi! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita»(Genesi 3:14).
Leggendo questo verso, è facile cadere nell’errore di credere di trovarci davanti a un mito sull’origine della particolare anatomia dei serpenti. Ma un’interpretazione così semplicistica non sembra pertinente a quanto abbiamo compreso fino ad ora. Un mito di questo genere, inoltre, si avvicinerebbe più alla cultura greca che a quella semitica.
Se il racconto è allegorico, allora il giardino non è un luogo fisico, gli alberi rappresentano concetti astratti, e dunque anche il serpente non è un vero serpente. Del resto, come è stato osservato, i Maestri hanno sempre identificato il viscido tentatore con l’istinto del male. È quindi plausibile che il testo voglia insegnarci che chi cede alle proprie pulsioni carnali “cammina sul proprio ventre”, cioè finisce per essere dominato dai suoi appetiti. L’istinto del male ci appare astuto (Genesi 3:1), ma chi segue la sua via incontra miseria e insoddisfazione, come “mangiare la polvere”.
La maledizione prosegue: “Io porrò inimicizia fra te e la donna e fra la tua discendenza e la discendenza di lei; essa ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno” (Genesi 3:15).
In tutta la sua lunga storia, l’umanità è chiamata ad affrontare una lotta contro le proprie tendenze animalesche ed egoistiche. Il serpente deve essere schiacciato, nonostante abbia il potere di ferirci. Il Cristianesimo ha frainteso questo verso interpretandolo come la promessa della venuta di un redentore capace di sconfiggere il peccato, mentre di fatto esso esprime un dovere che riguarda “la discendenza della donna”, ovvero l’intera razza umana.
Se tutto ciò che abbiamo affermato fosse corretto, il racconto del Giardino dell’Eden sarebbe da interpretare come una parabola che descrive la condizione dell’umanità e la perdita dell’innocenza infantile. La storia di Adamo ed Eva non sarebbe una vicenda limitata a due individui del passato, ma una rappresentazione di ciò che accade in ogni epoca a ciascuno di noi. Tutto ciò priverebbe forse i primi capitoli della Genesi della loro validità? E quali sarebbero le conseguenze per le religioni che dichiarano di basarsi sul testo biblico? Lasciamo che ognuno formuli le proprie risposte.

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